nel silenzio degli innocenti
Il discorso è sempre pressocché lo stesso: o fai la scelta di Cincinnato o rimani nella mischia. E magari combatti. Per qualcosa in cui credevi e che ti viene difficile buttar via. C’è forse chi prova una via di mezzo e un paio di volte coltiva il campicello e qualche altra scende in piazza. Ma se poi tira il conto, non gli torna da nessuna parte.
Proviamo a dipanare: se decidi di non dar nulla e tirare un “cerchio intorno a te” e neppure, come il buon Cincinnato, mai avevi sperimentato il contrario, non sei autorizzato a lamentarti troppo se c’è qualcosa che ti va storto; se invece sei pronto a partecipare, t’impegni, chiedi poco o nulla per te, sproni e sostieni chi ti sembra il migliore e cerchi di accantonare ogni insistente sospetto sul cattivo funzionamento della democrazia, devi mettere in conto attese, delusioni e peggio qualche tradimento. Se, terza ipotesi, ti sei messo a fare il gioco del pendolo e oggi dici «non m’interessa di nulla e di nessuno» mentre domani vuoi afferrare il toro per le corna, puoi perdere ad entrambi i tableaux.
Però, specie se tiene conto della sua coscienza, è difficile trovare chi sia rimasto “scevro di servo encomio e di codardo oltraggio” ed è più consueto stare magari nella mischia, spingere l’acceleratore della propria dignità di cittadino e trovare poi poche strade di fuga da un sistema vecchio e consolidato, che ha sperimentato per riproporsi ogni tipo di sortilegio: o ti intruppa o ti nega persino di star tranquillo nel privato dove vorresti rifugiarti. Perché non esiste un privato e chi crede di averlo, vive di rendita su quanto fanno quelli che, nei duri tempi d’oggi, vogliono battersi perché non sia il pensionato a fare la fame o a suicidarsi, perché un lavoro onestamente remunerato, d’impresa o d’altro, chi vuole possa trovarlo, perché nel governo di una città, di una regione, di una nazione, non comandino mascalzoni, truffatori e banditi, perché non ci bombardino con le denunce, le accuse, i processi in tv ma si facciano seri processi a coloro che, da un ventennio circa, speculano con tutti i loro affini sulla testa degli italiani del nord e del sud di un paese che, l’unica “unità” che può trovarsi a celebrare, è quella della disonestà e del malcostume. E forse dell’impunità e della ricchezza intatta dei colpevoli e del ”silenzio degli innocenti”.