la memoteca che fa lo scrittore
Lui, l’autore, scrive –anche- per mezzocielo cartaceo da quando superammo il tabù delle collaborazioni maschili, ma ora, con questo libretto elegante sin dalla copertina (foto di Angelo Spataro, titolo La memoteca. Archivio di storie e passioni, Novantacento 2012, pagg 160 € 9,90), Marco Pomar compie il gran salto da “scrivente”, come piacque definirsi al collettivo della raccolta Un’estate a Palermo uscita poco tempo fa, a “scrittore” a tutti gli effetti, di quelli che appena usciti già scalano le classifiche e firmano autografi come star. E’ quello che sta succedendo a una settimana dall’esordio ma del resto c’era da aspettarselo, che il giocoliere delle parole alla Queneau che da tempo dribblava i solleciti dei supporter, si decidesse a mettere in forma di pagine scritte le divagazioni, apprezzatissime, che sciorina sulla rete – da un proprio blog a facebook a mezzocielo.it ed altri siti di divertito dialogo con i visitatori – per infilzare con esilaranti calembour i punti deboli di una certa società, politica e civile, che ad essere migliore neppure ci prova.
Allora si è deciso, ha messo su La memoteca con una parte dei racconti minimi di cui immagino trabocchino i cassetti, o più probabilmente la memoria del computer, e ora si diverte a farci rincorrere una storia dopo l’altra il lato comico, umoristico, talvolta surreale degli stralunati personaggi, un poco inventati e un poco no, che popolano il suo immaginario. Marco ha innegabili doti di umorista dalle battute affilate, si sarà esercitato su Achille Campanile, di cui si dichiara ammiratore, e finanche su Mark Twain per acquisire quel respiro di scrittore che lo rivela – come scrive Giacomo Cacciatore nella prefazione – «narratore ipersensibile, sofferto, crudele, disincantato, disilluso, dolente», capace comunque di stemperare le arrabbiature, sue e nostre, nel sorriso leggero di felicissime battute.
Sono 28 i racconti in cui Pomar narra in parte aspetti della città, Palermo manco a dirlo, che emerge dai comportamenti di una “fauna umana” descritta con amorevole perfidia da una penna insieme puntuta e solidale, e in parte di se stesso e delle proprie esperienze di vita e società. Brani di vita raccontati con una scrittura ironica e autoironica, strumento ideale per affrontare vizi e difetti di microcosmi un poco mafiosi, un poco guasconi e un poco minchioni nei quali ci immerge e ci fa riconoscere “nostri” dai carichi di caratteri che gli affibbia, e che meritano, certo, di essere sfottuti a sangue, ma verso i quali lui, l’autore, mostra una serafica tolleranza. Quella di chi sa leggere e interpretare la complessità dell’animo umano, per poi “buttarla a ridere”.
(Marco Pomar, La memoteca. Archivio di storie e passioni, Novantacento 2012, pagg. 160, € 9,90)