gay pride palermitano 2012

5 luglio 2012 di: Giovanni Lo Monaco

Quanti eravamo quest’anno alla parata del gay pride? Quanti l’anno passato? Siamo aumentati o siamo diminuiti? Come se i numeri fossero esaustivi di quello che il gay pride è in generale, di quello che è stato quest’anno il gay pride palermitano. Navighiamo spesso in superficie distogliendo lo sguardo dalle dinamiche sotterranee che animano il movimento gay e la rete che è riuscito a costruire nell’arco di questi anni, con molte realtà sociali e politiche della città, rischiando di sottovalutare il lavoro di tanti volontari che ancora una volta ci hanno creduto, che ancora una volta hanno investito tempo, energie ed intelligenze per la realizzazione di questo straordinario evento.

Siate sobri! Che sono queste carnevalate! Prima del pride mi è capitato di sentire (purtroppo spesse volte) questi consigli imbonitori da parte di signore e signori palermitani (ahimé anche da qualche giovane): distillati di ipocrisia pura da parte di chi si nutre della tivù dei tronisti e che rifiuta di vedere cosa succede a Palermo. Realtà che crescono, che si sviluppano. Per carità, con i limiti di chi si cimenta per la prima volta con la complicata realizzazione di un gay village, ma tuttavia capaci di far diventare la bellissima Villa Pantelleria, bene confiscato alla mafia, una cornice suggestiva per dibattiti, concerti e proiezioni cinematografiche sulle tematiche del mondo glbt.

E poi vogliamo parlare delle nuove e vecchie realtà politiche e culturali urbane che il ventitré di giugno hanno sfilato insieme in corteo? Da quelle direttamente coinvolte nel movimento omosessuale palermitano, vedi Agedo, il Sicilia Queer, Associazioni culturali come ‘Nzocchè e Exit 10elove, alle realtà contigue che sostengono la battaglia dei diritti delle persone omosessuali e transessuali, come I Cantieri che vogliamo, Articolo 3, e tante altre.

E non dimentichiamo il primo cittadino, il Sindaco Leoluca Orlando, che con buona parte della sua giunta (l’assessore alla cultura Francesco Giambrone, l’assessora alle poltiche sociali Agnese Ciulla, quello al decentramento Giusto Catania, alla vivibilità Giuseppe Barbera) ha sfilato in testa al corteo. Una boccata d’ossigeno per una città che per un decennio se l’è sognato questo miracolo.

Allora forse è il caso che insieme ai numeri vengano valorizzate anche queste nuove sinergie, le sinergie di persone che a prescindere del proprio orientamento sessuale credono nelle persone e nella difesa dei loro diritti. Pier Paolo Pasolini in una lettera del 1950 indirizzata alla sua amica Silvana Mauri, così si esprimeva: «Io ho sofferto il soffribile, non ho mai accettato il mio peccato, non sono mai venuto a patti con la mia natura e non mi ci sono neanche abituato. Io ero nato per essere sereno, equilibrato e naturale: la mia omosessualità era in più, era fuori, non c’entrava con me. Me la sono sempre vista accanto come un nemico, non me la sono mai sentita dentro… Fu a Belluno, quando avevo tre anni e mezzo [...] che io provai per la prima volta quell’attrazione dolcissima e violentissima che poi mi è rimasta dentro sempre uguale, cieca e tetra come un fossile».

Da allora ad oggi sono passati più di sessant’anni, e in una città fortemente machista e maschilista come la nostra, finalmente gli omosessuali e i loro amici escono allo scoperto, esibendo le loro differenze come un pregio e condividendole con gioia.

Chissà però quanti Pasolini nascosti ci sono ancora qui e altrove. Chissà in una società così eteronormata quanti “sessualmente diversi” fanno fatica a volersi bene così come sono. Che il gay pride non possa stanarli? Che non possa dire loro in maniera festosa, senza troppi discorsi, che anche così si può essere sereni, equilibrati e naturali?

Non demordiamo. Il gay pride nazionale ci aspetta.

4 commenti su questo articolo:

  1. Fra a Giò scrive:

    Un modo di raccontare il gay pride da altri punti di vista. Non solo la sfilata colorata e gioiosa, ma il coinvolgimento delle istituzioni, delle associazioni, della politica, di tutta la società che non può continuare a negare esistenze e diritti. Basti pensare a quanto sta succedendo al compagno di Lucio Dalla, Marco Alemanno. Dopo 10 anni di amore, collaborazione, condivisione di tutto, l’eredità di Dalla andrà ai suoi cugini, magari, dallo stesso Lucio, poco frequentati. Ed invece il compagno di una vita, che dovrebbe ricevere, per diritto, almeno parte di quell’eredità, buttato fuori anche dalla casa di Lucio dove insieme vivevano. Una vergona che deve far riflettere e far cambiare la giurisprudenza parziale e maschile, ottusa del nostro arcaico paese, paralizzato dalle invettive della chiesa e di una società gretta e ipocrita fino all’inverosimile. Trascrivo le ultime righe del tuo articolo che mi hanno toccata emotivamente. Grazie Giò.

    “Chissà però quanti Pasolini nascosti ci sono ancora qui e altrove. Chissà in una società così eteronormata quanti “sessualmente diversi” fanno fatica a volersi bene così come sono. Che il gay pride non possa stanarli? Che non possa dire loro in maniera festosa, senza troppi discorsi, che anche così si può essere sereni, equilibrati e naturali”

  2. Maruzza scrive:

    bisognerebbe non essere più costretti a fare i gay pride per darsi visibilità ma facciamoli ancora se utili. Si dovrebbe, da parte della società che impone modelli unici, riconoscere che non siamo etichettabili, ma tutti uguali nella diversità e amarsi liberamente come si sente dentro. Invece la società ruota sul concetto culturale di “famiglia eteronormata” non sostituibile. Al di là del pride dovremmo tenerci per mano e andare in giro per la città. Rendere visibile nella quotidianità l’esistenza di altri modi di essere e stare al mondo: non uomo/donna come “prescritto” , ma uomo/uomo,donna/donna… E questo non per rendere pubblico ciò che è privato ma per rendere pubblico lo “scandalo” di quanti ancora si scandalizzano. Chi dice che le donne e gli uomini sposati lo siano per libera scelta e non perché condizionati culturalmente e indotti a fare scelte uguali a quelle dei genitori, dei nonni, degli zii,ecc…? Ovviamente esistono coppie etero felicissime, ma non è la regola… credo sia l’eccezione!

  3. Renata scrive:

    Bravi ragazzi, tutto è andato benissimo. Un impegno e una partecipazione STRAORDINARI!!!

  4. Fabio scrive:

    Ho fatto coming out da tre anni supportato da qualche amico e da uno psicologo che non si è trincerato dietro il disturbo edipico o altre sciocchezze che avrebbero potuto farmi confermare una falsa eterosessualità. Ero sposato ma per niente felice, con un’inquietudine che scambiavo tanto io che il mio medico per “esaurimento nervoso”, stati d’ansia con qualche crisi di panico che non mancava. Insomma uno stato pessimo, eppure ero convinto di essere nel posto giusto come uomo, marito e futuro padre. Sono uscito in tempo da una gabbia nella quale ero entrato da solo, nessuno mi ci aveva spinto. Mia moglie, con la quale ho conservato un rappporto bello, ha capito perché è una donna intelligente e aperta.. Ora mi sento sereno, ho un compagno che amo e non ho più tutti quei problemi e disturbi che mi stavano distruggendo. Vivo serenamente la mia vita e la mia sessuaiità. Uscire dall’ambiguità che era dentro di me (forse ero inconsciamente omofobico verso me stesso) non ha solo aiutato me stesso ma anche la mia ex moglie e tutta la mia famiglia. Non sarei riuscito a vivere se non avessi capito me stesso e se, soprattutto, non l’avessi detto a loro. Sono convinto che ancora non c’è il coraggio di dire alle persone care ciò che senti in te, e se non lo puoi accettare già da te stesso, come fai a farlo accettare alla società e alla tua famiglia? per questo motivo credo che ognuno deve lavoare su se stesso prorio come scrive giovanni lo monaco citando pasolini.

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