panettoni di Stato, una proposta Cgil

26 agosto 2012 di: Simona Mafai

Dalla Cgil arriva una proposta che veramente nuova non è, ma piuttosto un ripescaggio dal secolo scorso: sia lo Stato, attraverso la Cassa depositi e prestiti, a comperare quote di società in difficoltà “per poi ricollocarle sul mercato a crisi passata”, dato che non ci sono investimenti esteri e molti imprenditori italiani stanno scappando dal paese.  Sembrerebbe l’uovo di colombo. Peccato che si tratti di esperienze già fatte, che si sono rivelate quasi sempre fallimentari, almeno in Sicilia. Qualcuno ricorderà la partecipazione della Regione alla ditta dolciaria Dagnino in crisi. Si rise a lungo del “panettone di Stato”. Come finì? L’azienda non si riprese mai e dopo alcuni anni chiuse definitivamente; una quantità di fondi pubblici andarono al macero e gli ex-dipendenti in pensione anticipata. Ci furono anche casi molto più eclatanti, sempre in nome della difesa dei posti di lavoro e della auspicata industrializzazione. Gli enti che presiedettero a queste iniziative, con funzionari molti e molto ben pagati, divennero un peso per la Regione: e ci vollero anni per liquidarli.

Certo, a livello nazionale la pratica della partecipazione pubblica ad iniziative industriali raggiunse risultati anche positivi: ma fu sempre all’origine di un clima infetto di tangenti oscure e spartizioni partitiche, e di quella invasione politica sulla economia, dalla quale il paese cerca da alcuni anni di liberarsi.

Il problema è complesso, lo so. Leggo con attenzione autorevoli economisti che si affiancano a tale proposta. Nostalgia della chimica di Stato e della Cassa per il Mezzogiorno? Per il nobile fine di contrastare il “pensiero unico liberista”?

Inviterei alla prudenza, prima di impugnare, come sinistra, l’eterna strada del pompaggio dei fondi pubblici.

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