la vita, difficile, su uno scoglio in mezzo al mar
Ho trascorso le mie vacanze a Ustica, che resta nonostante tutto il mio luogo dell’anima. Il “nonostante” è riferito ai disagi che quest’anno si sono sommati a quelli risaputi delle piccole isole: difficoltà di collegamenti e quindi di approvvigionamenti, prezzi alti, scomodità a cui riabituarsi. Mai però avrei pensato di rimanere bloccata per mancanza di benzina, che non arriva con regolarità causa irrisolti problemi burocratici. In poche parole, la Regione Sicilia ha cassato il capitolo di spesa dei servizi acqua-rifiuti-benzina-collegamenti con le isole minori, creando inefficienze insuperabili con i mezzi di cui dispongono i comuni, proteste comprese. I rifornimenti di acqua e benzina, lo smaltimento dei rifiuti urbani e speciali restano incognite con soluzione a sorpresa.
Con il paradosso della nave veloce che, appunto perché impiega meno tempo a coprire la distanza, con logica esemplare per balordaggine la si fa partire più tardi da Palermo e in anticipo da Ustica. A complicare la vita di abitanti e turisti, anche quelli in sintonia con la preservazione della natura, intervengono certi vincoli delle riserve naturali, di mare e di terra, inspiegabili a lume di ragione e che sintetizzo nei divieti di cogliere capperi e more, estirpare piante autoctone pur se invadenti, fare immersioni solitarie in zone marine di fatto riservate ai diving locali. Infine, per immergerti alla secca o allo scoglio del medico dalla tua barchetta, devi ancorarti alle boe predisposte e pagare un pedaggio di sei euro, altrimenti ciccia.
E’ anche vero che, dall’avvento della “civiltà delle macchine”, le isole minori hanno dismesso le pratiche di autosufficienza che le affrancavano, quantomeno per i servizi e i materiali primari, dalla dipendenza dalla terraferma ma neppure si sono preoccupate di adottare ritrovati tecnologicamente avanzati in grado di risolvere le loro particolari esigenze. Chessò, pannelli solari o fotovoltaici sui tetti, mezzi pubblici elettrici, la raccolta differenziata per ridurre i rifiuti e, ah! pensarci, non far viaggiare l’organico ma “compostarlo” in loco per farne concime. Oppure istallare piccoli sistemi di riciclaggio per ricavare, ad esempio, inerti per l’edilizia dagli sfabbricidi o silicio dal vetro a perdere. Tutto è più difficile sulle isole, lo sappiamo, ma la crisi dovrebbe spingere ad adottare politiche di relativa autonomia, potenziando e mettendo a frutto le specificità per le quali sono ricercate. Seppure solo in estate e da un turismo di nicchia.
Vi racconterò il resto nella prossima puntata.