un viaggio della speranza finito bene

20 settembre 2012 di: Marcella Geraci

Risale alla settimana scorsa l’ultimo sbarco in Sicilia di migranti, in gran parte di nazionalità somala ed eritrea. Quarantasette persone, tra cui quattordici donne, sopra l’ennesima carretta del mare, intercettata a circa 20 miglia a sud dalla costa siracusana. Un viaggio della speranza per tutti e per tutte, concluso con lo sbarco a Porto Palo e con il successivo trasferimento nella tendopoli di Cassibile. Un viaggio forse finito bene per la donna trovata in stato avanzato di gravidanza e per i suoi compagni, tutti appesi al filo della speranza in una vita migliore. Un viaggio sicuramente finito meglio del naufragio, al largo di Lampedusa, del barcone partito dalle coste tunisine. Nei primi giorni di settembre, un bilancio iniziale di 80 dispersi, fra cui donne e bambini, aveva infatti riportato agli onori della cronaca le drammatiche questioni della disparità delle risorse mondiali e del rispetto dei diritti umani. Certo, l’ottica delle “emergenze” ha continuato a prevalere, insinuandosi sotto gli ombrelloni ed aleggiando sulle teste della gente, sdraiata a prendere l’ultimo sole prima dell’autunno. In questo scenario intorpidito, il mare ha dimostrato ancora una volta di essere il palcoscenico per l’incontro di due mondi, l’uno delle creme abbronzanti e l’altro della povertà, destinati a generare insieme il futuro del nostro Paese.

«Sotto i nostri occhi distratti, nelle acque del Mediterraneo le tragedie si susseguono senza soluzione di continuità» aveva affermato monsignor Calogero La Piana, vescovo delegato per le Migrazioni della Conferenza Episcopale Siciliana. Parole condivise dall’ufficio regionale Migrantes, che ha fatto appello «all’umanità di ciascuno e dell’intera società».

A far riflettere è invece lo scarso interesse con cui pezzi importanti del mondo politico e istituzionale continuano ad occuparsi di uomini, donne e bambini che lottano per ottenere condizioni più giuste. Un’altra mancanza che, assieme ad altre, segna il progressivo disfacimento del nostro, ormai provato, sistema.

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