come pare ingestibile la raccolta rifiuti a Palermo

21 ottobre 2012 di: Rita Annaloro

Passano gli anni, cambiano i governi, nazionali e regionali, ma Palermo resta una città “fetente”, nel vero senso della parola: se prima la spazzatura inondava i vicoli del centro storico, ora democraticamente fiancheggia strade ed autostrade, località balneari e montane. E’ più ordinata ora rispetto a trentanni fa, ammucchiata in sacchetti colorati accanto ai cassonetti, segno che il palermitano medio qualcosa ha imparato circa la procedura per lo smaltimento dei rifiuti. Le autorità preposte, invece, non hanno imparato a gestire questa normale attività urbana e quindi la popolazione è costretta alla umiliazione dell’apparato olfattivo.

Ma possibile che a Palermo non si riesca a risolvere nemmeno questo problema? Forse se i grandi alberghi del centro, i ristoranti sul lungomare, i centri commerciali o le gelaterie facessero bruciare, all’esterno dei loro locali, dei bastoncini di incenso profumato, come per altre ragioni accade a Siviglia o a Marrakech, l’aria sarebbe ugualmente inquinata ma meno nauseante. Invece evidentemente i palermitani si sono talmente abituati ai mali endemici della loro città che non reagiscono più né alle strade dissestate né alla desolazione dell’offerta culturale, e nemmeno alla puzza, ma non è detto che i turisti rimangano affascinati dall’Eau de Fogne. Forse se qualcuno cominciasse a far bruciare profumi, e non solo stigghiola, gli altri seguirebbero, in attesa di …(e)venti migliori.

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