femminismi a Paestum e sul blog

17 ottobre 2012 di: Gisella Modica

Una Tuffatrice che si butta nelle acque alte della vita e la scritta “Paestum – Tuffatrice XXI° Sec” che va a sostituire il Tuffatore del 480 a.C. esposto nel museo di Paestum. Questa è la figura scelta da Pat Carra per simboleggiare l’incontro svoltosi il 6 e 7 ottobre a Paestum, 36 anni dopo il primo, voluto e organizzato dalle donne della associazione Artemide di Paestum, tutte dai 30 ai quarant’anni, col supporto di Lea Melandri. «Tuffiamoci insieme, ognuna nella corsia che preferisce, tenendoci presenti le une alle altre. Nuotiamo nella pluralità dei femminismi e delle generazioni alimentandoci del margine che oggi ci avvantaggia, della conflittualità che apre spazi produttivi, del valore delle tante differenze per costruire una sfida potente e visionaria alle tante dimensioni della politica, quella istituzionale inclusa». Così viene letta sul blog di Paestum 2012 la stessa figura, in modo molto efficace, da una partecipante. Perché ciò che emergeva in tutti gli interventi, ciascuno con una sua lettura della crisi, con una proposta, era la voglia di esserci e di contare, la necessità di governare per pilotare il cambiamento, “orientare la materialità della vita”. Per farlo era necessaria la ricerca a tutti i costi del dialogo, di punti d’incontro, sia sotto forma di “reti federate radicate territorialmente” o di “sentieri di cammino condiviso”, a prescindere dalle differenze, anche quelle per tradizione insormontabili.

Del conflitto quando necessario. L’hanno ricercata le amministratrici rivolgendosi alle donne del movimento che hanno preferito restare fuori dalle istituzioni e lavorare nelle Agorà, nelle librerie, nelle biblioteche, nelle università. Lo hanno chiesto le donne dei movimenti a coloro che intendono candidarsi, fatte salve alcune categorie e alcune pratiche ritenute oggi universali, quali l’autodeterminazione, l’autocoscienza, e il partire da sé. E fatta salva la domanda alle donne delle istituzioni o che intendono andarci: «come intendete agire per scompaginare il potere o cosa avete fatto per scompaginarlo?» 400 partecipanti previste e ne sono arrivate 800. Tema dell’incontro, convocato attraverso una lettera d’invito, “Primum vivere anche nella crisi. La rivoluzione necessaria. La sfida femminista nel cuore della politica”.

Quattro le tematiche: voglia di esserci e di contare; autorappresentazione/rappresentanza; economia/lavoro/cura; corpo/sessualità/violenza/potere. Se primum è vivere, è necessario allora tornare alle radici del problema e dunque del femminismo, rileggere il percorso a partire dall’esperienza di ciascuna per fare fruttare la differenza femminile a nuove soluzioni. A fare da collante le giovani che abolendo le distanze generazionali – «siamo tutte femministe storiche e finiamola noi giovani per prime di dire che non c’è stata trasmissione, chi vuole vada a leggersi i libri che ci sono stati lasciati, a partire da Carla Lonzi» – hanno contestato l’eccessivo spazio dedicato al tema della rappresentanza e alla proposta del 50 e 50. Contestazione condivisa comunque da molte storiche: «la crisi non è dei rappresentanti ma semmai dei rappresentati». Hanno gridato a chiare lettere la loro rabbia chiedendo che tutto il femminismo si faccia promotrice della lotta al precariato “nuova forma del post patriarcato”, attraverso per esempio il reddito di cittadinanza che è diventato “di esistenza”. Né sono apparse interessate al tema della cura. «Fare di alcuni saperi femminili, come la cura, letta come punto di debolezza dal patriarcato, un punto di forza per scompaginare il potere», propongono le storiche. Ma il tema fa ancora ostacolo nelle giovani, sentita come “rischio di ingabbiamento nella figura della donna funambola capace di fare tutto”. Ma vero protagonista dell’incontro è stato, come ha fatto notare qualcuna inviando una foto sul blog, il tavolo della presidenza sempre vuoto. Nessun leaderismo, nessuna relazione introduttiva, solo il saluto augurale di Lea Melandri. Si interveniva solo per alzata di mano, su rimando dell’ascolto dell’altra: quattro minuti a testa, le nacchere a tre minuti e mezzo per segnare la scadenza del tempo. Quattro donne che portavano i microfoni a chi alzava la mano. «Se sono venuta da Sassari non è per i contenuti, ma sopratutto per le modalità di partecipazione che la lettera annunciava. E queste modalità sono già politica» ha annunciato una giovane. Il dialogo, le critiche e le proposte continuano sul blog.

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