la donna che urla alla fermata del bus

24 ottobre 2012 di: Clara Margani

Alla fermata dell’autobus una donna, più giovane che vecchia, urla al telefonino una serie di “vaffanculo!” parlando con un uomo? una donna? nessuno?. La temperatura ancora inesorabilmente estiva le scioglie sul viso il trucco alla Pierrot che scivola lungo il collo, verso il generoso decolté. Gli occhi cerchiati di nero si spalancano e si chiudono ritmicamente. I capelli folti sono neri e ondulati, accompagnano l’emissione potente di voce arruffandosi sulla fronte e le guance. Il corpo è snello, l’abito a fiori sobriamente elegante, ma l’orlo è strappato e i fili della cucitura penzolano verso il basso, i piedi sono scalzi, ma le scarpe sono messe lì vicino. Quando urla, si alza in punta di piedi per dare maggiore slancio all’invettiva. Intercala anche: “Non ne posso più!”, “Ne ho piene le palle!”, “Voglio sbatterti la testa al muro!”. Ovviamente intorno a lei si è formato un vuoto incuriosito, irridente, preoccupato; qualcuno fa la mossa di tapparsi le orecchie, qualcuno volta le spalle. All’arrivo dell’autobus che aspettava, mette nella borsa il telefonino, infila le scarpe, sale disciplinatamente, si siede e dal finestrino saluta quelli che sono rimasti a terra.

Nel ritorno, al rumore consueto del traffico la donna che urla ha lasciato un interrogativo aperto tra coloro che aspettavano l’autobus insieme a lei: c’è o ci fa?. Era un’artista di strada? Un’attrice assoldata da qualche trasmissione televisiva? Una persona con problemi mentali? Un essere umano violentato dalla vita che voleva condividere con gli altri i suoi problemi, perché non ce la faceva più a tenerli per sé? E se invece il suo scopo fosse stato quello di raccogliere i problemi di ognuno di noi e di convogliarli al di fuori, dandogli ‘voce’? Non potremo mai saperlo.

4 commenti su questo articolo:

  1. Lucia scrive:

    Una persona con problemi mentali, cara Clara.Sedata in qualche modo dai moderni farmaci e liberata dalla fossa infernale dalla legge Basaglia. A Roma ce ne sono diverse di queste donne. Alcune ingaggiano soliloqui tranquilli ed ininterrotti. Altre usano il torpiloquio per attirare l’attenzione.Ne conosco una che appena salita apre tutti i finestrini(anche d’inverno).ed impartisce lezioni d’igiene.se nessuno le risponde,dopo un pò si rassegna e tranquillizza. La grande città non aiuta chi é solo e malato ma in qualche modo è intorno a te e ti protegge dal buio della non esistenza.

  2. Marina scrive:

    Mi sarebbe piaciuto incontrare questa donna che urlava frasi che noi tutte, una volta o l’altra, abbiamo pensato, senza avere il coraggio di urlarle. Io, purtropppo, durante l’ultimo mio soggiorno a Roma, ho fatto solo l’esperienza di persone (?), maschi o femmine, che entravano nei bus spingendo senza pietà e non lasciando ai passeggeri il tempo di scenderne.
    Meglio urlare la verità, la propria verità, a chi è causa delle nostre frustazioni piuttosto che scegliere l’inciviltà indiscriminata.
    Tengo a sottolineare che la donna che urla è entrata disciplinatamente sull’autobus …e ha anche salutato coloro che erano rimasti a terra !

  3. silvia scrive:

    In fondo, questa giovane donna, ha portato semplicemente a limiti estremi la consuetudine, oggigiorno piuttosto diffusa, di coinvolgere ignari e disinteressati astanti nelle proprie conversazioni e fatti privati. Ovunque si vada siamo circondati da persone che parlano al telefonino a voce più o meno alta, sui mezzi pubblici lo spazio ristretto “obbliga” ad ascoltare…persino con un certo disagio da parte di chi, per discrezione, si sente quasi in colpa. Se in questo caso specifico si tratta di un singolo episodio di esasperazione, di esaltazione o di protagonismo…il malcostume in merito è diffuso e come…fatto di costume, ritengo, non meno preoccupante.

  4. Rosanna scrive:

    Mi piacerebbe pensare che la donna sia una “provocatrice” , un’artista di strada che cerca di cogliere la reazione della gente di fronte a comportamenti inconsueti , la donna attira su di sé l’attenzione solo per pochi istanti poi finita l’esibizione sale educatamente sull’autobus e saluta il suo pubblico . Racconterà, più tardi, ai suoi amici “artisti” della delusione provata . C’è una assuefazione a tutto .Nessuno si stupisce più di nulla . La grande città osserva distrattamente .

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