la sfida di una politica di donne e uomini

14 ottobre 2012 di: Udi Palermo e La città felice

Catania e Palermo sono città dove le donne hanno sempre costruito buone pratiche politiche: a Palermo, attraverso le attività della Biblioteca delle donne e Centro di consulenza legale UdiPalermo per far conoscere e diffondere nella società e nella scuola parole di donne autorevoli che insegnano un modo diverso di stare al mondo, mutano lo sguardo sull’esistente e forniscono esempi di libertà e di alta mediazione con la realtà; a Catania, attraverso le attività de La Città felice, per proporre un’idea di governo della città che fa della cura, della sapienza e dell’arte le chiavi interpretative dei problemi e le basi su cui costruire soluzioni. Le nostre associazioni sono state in questi anni luoghi fisici e simbolici di scambio, di espressione di giudizio, di proposte e gesti di libertà, luoghi di una politica centrata sulla relazione e mediazione, che ci ha consentito di guadagnare forza e autorità anche all’esterno, nel rapporto con altre/i. Per questo abbiamo voluto confrontarci, a partire dalle nostre pratiche, su ciò che sta avvenendo oggi in un momento molto critico e offrire i nostri spunti di riflessione.

In prossimità delle elezioni, regionali e politiche, tornare a votare si presenta come un rituale logoro e vuoto. Si sono accentuati il disagio e l’insofferenza verso una politica inefficace, fatta di privilegi, incapace di parlare ed agire sulle questioni che contano e che ha portato perdita di autorevolezza e deficit di senso. Questa politica ci corrisponde sempre meno e continua a suscitare un’insoddisfazione che non esclude neanche la sinistra. Ci troviamo alle prese con un ceto politico sempre più autoreferenziale, distante e distaccato dalla vita reale di donne e uomini, dai bisogni, dai sacrifici ed anche dalle sofferenze di larga parte della popolazione, che esso stesso ha determinato con scelte economiche e normative ingiuste, che hanno altresì cancellato diritti conquistati in decenni di appassionato impegno politico di milioni di cittadine e cittadini. E’ per questo che è ulteriormente aumentata la distanza di buona parte della popolazione dal sistema politico ed è in caduta libera la credibilità non solo dei politici ma delle stesse istituzioni.

Insieme all’agonia in cui si dibatte il patriarcato e al disordine simbolico che ne consegue, assistiamo di fatto agli ultimi contorcimenti di un ceto politico asserragliato nei luoghi del potere e che ancora una volta si appresta a mettere in campo meccanismi capaci di garantire solo la propria sopravvivenza. Così la sfiducia generalizzata diventa senso comune anche fra cittadine/i consapevoli, mentre aumenta, da parte sia di donne che di uomini, la necessità vitale di non lasciarsi trascinare dalla fiumana demolitrice della politica degradata e dell’antipolitica.

Ancora una faccenda fra uomini, dunque, che riguarda il loro rapporto con il potere, una questione che il mondo maschile non sa/non vuole riconoscere ed affrontare. Per riportare credibilità alla politica e restituire valore ad una sfera pubblica screditata non bastano, però, le dichiarazioni. Sarebbe invece necessario che da parte maschile ci fosse un agire politico sganciato dai dispositivi del potere e che alle parole corrispondessero i comportamenti, vale a dire una coerenza tra quello che si dice e quello che si è e si pratica.

Una faccenda fra-uomini per risolvere la quale non basterebbe neanche il 50/50 se questo avvenisse per un uso maldestro, per non dire strumentale, delle donne (senza le quali la scena politica istituzionale appare ormai sempre più impresentabile) o per un “adattamento” delle donne stesse ad abitare questa scena secondo parole e comportamenti che imitano parole e comportamenti maschili. Essere donna non basta se non c’è anche la capacità e la determinazione a mettere in campo un rapporto diverso con il potere, altre pratiche di relazione e mediazione, forza femminile.

Davanti ad una indignazione collettiva che ha raggiunto livelli molto alti, davanti a parole che non corrispondono più a fatti e comportamenti, si apre uno scontro simbolico sul senso della politica rispetto al quale sentiamo la responsabilità di esprimerci con chiarezza. Ciò che ci orienta è il senso autentico dell’agire politico, la necessità di riportare la politica in luoghi nei quali sembra non abitare più, e ciò a prescindere dalle diverse intenzioni di ciascuna di noi riguardo, ad esempio, alle imminenti elezioni regionali o quelle politiche che si avvicinano. In relazione a queste, infatti, alcune di noi hanno scelto il non voto, una scelta vissuta non come ripiegamento o rinuncia alla partecipazione e all’impegno politico, ma per uscire dall’insignificanza del rito, per pretendere ascolto, per segnare una cesura, per imporre un silenzio di riflessione che porti a una politica sensata.

(continua…)

1 commento su questo articolo:

  1. marcella scrive:

    i politici corrotti hanno causato lo sfacelo della politica e della cosa pubblica, siamo senza fiducia e senza speranza. questo documento delle donne dell’udi e di cttà felice mette in movimento nuovi sentimenti e apre nuove possibilità non celando anche un certo pessimismo. speriamo di farcela, speriamo ancora di costruire noi donne qualcosa di nuovo e di pulito. prendiamoci gli spazi per ricostrire dalle macerie che ci lascia questa classe politica che non sa nemmeno il significato della parola “POLITICA”

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