ovociti congelati, business assicurati

26 ottobre 2012 di: Daria D’Angelo

“Social freezing” è il termine anglosassone con il quale si definisce la pratica di congelamento dei gameti femminili da parte di giovani donne, per un impiego futuro. L’età migliore per mettere da parte cellule di buona qualità è tra i 25 e 30 anni, dopo i 35 infatti la prospettiva di portare a termine con successo una gravidanza e avere un bambino si allontana. Definita il dottor Paolo Emanuele Levi come “la seconda rivoluzione sessuale”, questa tecnica sembra non sia ancora molto diffusa per due motivi: perché è piuttosto nuova e non si hanno ancora dati relativi a bambini nati da tale processo, e perché congelare i propri ovuli costa. Certo, oggi l’età media in cui si concepisce un figlio è sempre più elevata anche a causa di talune scelte politiche e sociali che non facilitano i giovani nella costruzione di una famiglia. Più si avanza con gli anni, più la probabilità delle donne di rimanere incinte diminuisce, dunque, onde evitare di rimanere senza figli nel momento in cui si è ”pronte” per averli, le donne possono giocare d’anticipo e “mettere da parte” i propri ovociti all’età giusta. Ma, senza dimenticare che non vi sono ancora esperienze di gravidanze “da scongelamento” e che quindi non è possibile affermare con certezza assoluta che gli ovociti che subiscono il processo di “congelamento” e “scongelamento” si conservino in maniera perfetta, è inevitabile la considerazione che il “social freezing”, con la sua sensazione di onnipotenza, fa credere alle donne di potere decidere come meglio credono del proprio corpo e della vita altrui. Una gran bella illusione: confinare in laboratorio la possibilità di avere un figlio, adeguarsi ad ogni costo ai ritmi folli e alle esigenze della società contemporanea, sottoporsi a cure ormonali non indifferenti e a interventi che potrebbero rivelarsi rischiosi, vivere la gravidanza nell’ansia di sapere se “l’ovocita si è conservato bene”… Possiamo veramente chiamare tutto questo “progresso” e “conquista”? La Repubblica di qualche giorno fa riporta un dato che fa riflettere su come cambierebbe la maternità con la tecnica del “social freezing” in Italia, dove il fenomeno entra pian piano nelle discussioni dei convegni di medicina. Un commercio bene avviato per trasformare la sessualità (non parliamo dell’amore, per carità!) in un business per famiglie radical-chic, una pratica rivolta a famiglie ricche dove la donna non può fare a meno di sottrarre tempo alla propria carriera, e poi? Un gran bell’esercito di baby-sitter e tanti, ma tanti giocattoli, tanti vizi e tanti soldi. Poi, quando ne avrà voglia, la madre scongelerà un po’ del suo affetto, sempre che quel giorno non abbia un’importante impegno di lavoro.

3 commenti su questo articolo:

  1. Beatrice scrive:

    No daria, non mi piace il tuo approccio. mi sembra un po’ conservatore. può darsi che ci sia quello che dici e cioé un “commercio”, non possiamo escluderlo, ma eviterei da “colpevolizzare” sempre la donna che magari rinvia la maternità per ragioni lavorative (lo trovo legittimo). Spero che in questo momento in cui si violenta il corpo delle donne o psicologicamente o uccidendolo, si scelga anche di parlare degli uomini e edelle loro reponsabilità piuttosto che andare a cercare responsabilità femminili prorprio sulla maternità.
    “La madre scongelerà un po’ del suo affetto” è un’espressione orribile. Il mio è un commento di donna che ha vissuto situazioni simili in cui la madre non si è scongelata per dare affetto ma è stata sempre presente e costante nell’amore. Il padre, al contrario, è stato assente sempre. Cerchiamo di non alimentare il potere maschile con articoli come questo che fanno solo male alle donne. Scusate.

  2. Renata scrive:

    Penso che la donna responsabilmente oggi possa decidere insieme al compagno quando fare e se fare un figlio. il problema è posto male, perché ieri il diritto alla carriera o ad un lavoro impegnativo è stato appannaggio dei soli uomini, oggi la donna, finalmente, può svolgere professioni prima precluse o ricoprire incarichi importanti, cosa dovrebbe fare? rinunciare? sempre rinunciare e “sacrificarsi”? scegliere quando e se avere figli o anche procedere al congelamento dei gameti è una conquista della libertà femminile. scegliere di congelare i gameti non significa essere una “cattiva madre”. La donna può dividere il compito di cura e accudimento dei figli con il compagno o anche con le baby-sitter, qual è il problema? Forse i secoli sono passati invano e le scelte non possono essere programmate anche nell’interesse del nascituro? sono cattive madri quelle che cercano di conciliare lavoro e crescita dei figli? questo articolo mi riporta indietro di anni luce.

  3. daria scrive:

    Grazie per il vostro commento, il vostro punto di vista mi fa ancora riflettere. Io, è vero, forse ho esagerato, soprattutto in questa immagine della madre che scongela affetto, e sicuramente non sono riuscita ad esprimere le mie opinioni. Non volevo assolutamente ledere il diritto di ogni donna a raggiungere i suoi obiettivi lavorativi scegliendo della sua vita, volevo invece attirare l’attenzione su quello che potrebbe diventare un business rischioso e una prerogativa per classi abbienti. L’intervento di cui si parla non dà, oggi, nessuna certezza di riuscita. La maternità programmata è una tecnica che va bene in situazioni diverse, perché ancora la congelazione dell’ovocita non offre abbastanza garanzie, senza contare le cure rischiose a cui la donna deve sottoporsi per l’intervento, e il fatto che non ci sono certezze sull’esito, ma il rischio di una lunga aspettativa delusa che potrebbe creare non pochi sensi di colpa.

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