rivendichiamo la libertà della scollatura

9 ottobre 2012 di: Roberta Sorce

Ho letto per caso dell’ennesimo episodio di abuso sessuale su una donna. Storia già sentita: una bella ragazza, un locale al centro di Milano e un imprenditore di successo ubriaco, probabilmente meno di quanto adesso voglia dare ad intendere. Niente di nuovo, ho pensato. Di certo non si può far altro che inorridire di fronte a certe cose, ma sono all’ordine del giorno oramai. Poche ore dopo mi sono ritrovata coinvolta in una discussione che, sebbene non possa competere con questa storia, si è piazzata in una buona posizione nella scala delle cose che lasciano interdetti. Amici al bar commentano l’accaduto, raccontando di come l’imprenditore si fosse giustificato accusando la studentessa di averlo provocato anche con la sua scollatura e il suo modo di vestire un po’ esagerato. Ne è nata un’accesa discussione nella quale tutti, donne comprese, si ritrovavano d’accordo: la ragazza era colpevole. Non si può andare in giro vestite e truccate in modo scollacciato e per giunta da sole e pretendere che non succeda niente. Ho ribattuto, prendendo le parti della vittima resa carnefice dal suo carnefice stesso, ma senza successo. Il pensiero generale era unanime.

Sbaglio, o la libertà di parola e di espressione sono diritti alla base della nostra Costituzione? E non è forse un modo di esprimersi, quello di vestirsi come meglio aggrada? Non per niente la condizione femminile in Italia, rispetto al resto dell’Europa, è decisamente sconfortante. Poche le donne in Parlamento, e poche le donne in apparizioni pubbliche, molte giovani disoccupate, in compenso. Appena ieri a Strasburgo, il Ministro Elsa Fornero ha firmato la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Il documento riconosce come grave violazione dei diritti umani la violenza domestica, le violenze sessuali, lo stupro, il matrimonio forzato, i delitti commessi in nome del cosiddetto “onore” e le mutilazioni genitali femminili. Per la prima volta, dunque, la violenza domestica è stata definita violazione dei diritti umani e tutto ciò è fondamentale per far sì che, finalmente, venga stravolta quella disparità di potere che ha permesso il controllo della libertà delle donne, specie in quei paesi in cui è giustificato dalle usanze e dalla religione.

Dal maggio del 2004, la campagna “Mai più violenza sulle donne” riporta un buon successo, eppure non basta: forse per tutelare le donne occorrerebbe una politica di educazione culturale più incisiva, nuova, che ribalti il concetto della donna oggetto che ci propinano ogni giorno i mass media. Siamo ancora molto distanti, se quando ti trovi in un bar in mezzo a gente comune, fra giovani che sono il futuro del nostro Paese, le discussioni cui assisti sono di questo tenore. Dunque, una donna deve aver paura di mostrare il proprio corpo? Vogliamo davvero vivere in un luogo in cui si ha paura di esporre il nostro modo di essere, perché no, anche attraverso una scollatura?

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