adottiamo il sogno americano

9 novembre 2012 di: Rosanna Pirajno

Barack Obama ha vinto il secondo mandato di presidente Usa e siamo raggianti, a noi il presidente nero bello elegante sorridente affabile e innamorato della sua donna, piace assai. E ci piace perché ha dimostrato, nel suo primo mandato, che avere attenzioni per le fasce più deboli della popolazione non significa necessariamente essere dionescampi “comunista”, come da accusa rivoltagli dai suoi avversari che puntavano a spaventare la “middle class” con i medesimi argomenti della nostra destra berlusconiana. La riforma sanitaria, che ha messo i meno abbienti nella condizione di essere curati dalla sanità pubblica “all’europea”, altro spauracchio sventolato dai fautori del “mercato libero” anche nei pronto-soccorso, è una conquista impensabile nel paese in cui sono le carte di credito a fare la differenza. Ed è quindi dalla società meno cautelata, i latinos, i neri, gli immigrati, i giovani, i disoccupati, i gay, e le donne incautamente istallate nella categoria, che sono scaturiti i consensi dello scarto sufficiente a battere il repubblicano Romney. Se quindi con questa riforma la politica americana ha agguantato dalla politica europea – e mi piacerebbe dire addirittura “italiana” pensando a quando la nostra sanità era un vero gioiello di efficienza e giustizia sociale -, mi chiedo perché mai noi – proprio noi italiani – non ci diamo da fare per imitare il modello istituzionale di una democrazia che funziona con soli due partiti.

Solo due partiti e solo due leader, pensate che goduria, i democratici che si rivolgono alla società “solidale” alla ricerca della comune e singola “felicità” e magari di un mondo più giusto più probo e più verde, e i repubblicani che considerano solo l’upper class, il mercato e le banche, il pil e lo spread, i finanzieri e i petrolieri, e dell’inquinamento se ne fregano proprio. Fate mente locale: un parlamento di rappresentanti chiaramente collocati e impediti a cambiare casacca e tutti onesti competenti capaci, una campagna elettorale senza trentatre partiti e partitini tra cui pescare, senza talk show con trentatre leader e trentatre supporter e trentatre portavoce e trentatre spin doctor che si danno trentatre ragioni per volta, senza la lenzuolata di simboli sulla scheda, senza l’affanno delle coalizioni che si fanno e si disfano a convenienza, senza insomma tutto l’ambaradan di una democrazia che si dice “partecipata” ma che poi, a conti fatti, delega tutto ai rappresentanti del popolo che il popolo non può scegliere. Li scelgono difatti le segreterie dei trentatre partiti, come sappiamo, e la legge elettorale che è in discussione in parlamento da mesi senza che se ne venga a capo, con altre affossate snaturate svuotate insabbiate perché sgradite ai bigotti, non migliorerà la situazione. Ma non è arrivato il momento di intestarsi anche questa campagna? Oltre alla riduzione del numero e degli emolumenti di deputati e senatori – con gli Usa che ne contano in tutto 435 -, tutti senza pendenze giudiziarie né ombre sulle carriere coma sarebbe ovvio, è il momento di restringere drasticamente anche i partiti, già che sono in crisi di credibilità. Due schieramenti, con idee chiare e politiche forti credibili efficienti efficaci oneste e di onesti. Il sogno americano, adottiamolo, dài.

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