assenza
Penso che i morti siano accanto a noi, separati da una pellicola sottile, ma più impenetrabile della cortina che ci separa ordinariamente e ordinatamente gli uni dagli altri. Loro possono soltanto inviarci dei messaggi involuti che sta a noi accogliere per dargli solo un po’ di calore, anche quello che si trova nel cavo delle mani raccolte. Quello che più gli manca.
Oggi si pensa a chi non c’è, a chi non è più con noi a dividere scampoli di vita, a chi è andato nell’altrove sconosciuto; e si pensa a chi è rimasto con gli occhi aperti su un mondo anch’esso sconosciuto, lontano dai cuori capaci di serbare intatti sentimenti sopravvissuti all’eccidio dei legami. Viene in mente – intensa e dolente – una poesia di Borges tanto amata dalla cara Guliana Saladino da portarla sempre con sé, trascritta su un foglio di carta stropicciato, come ricordano le figlie Giuditta e Marta in coda a “Romanzo Civile”.
Dovrò rialzare la vasta vita
che ancora adesso è il tuo specchio:
ogni mattina dovrò ricostruirla.
Da quando ti allontanasti,
quanti luoghi sono diventati vani
e senza senso, uguali a lumi nel giorno.
Sere che furono nicchia della tua immagine,
musiche in cui sempre mi attendevi,
parole di quel tempo,
io dovrò frantumarle con le mie mani.
In quale profondità nasconderò la mia anima
perché non veda la tua assenza
che come un sole terribile, senza occaso,
brilla definitiva e spietata?
La tua assenza mi circonda
come la corda la gola,
il mare chi sprofonda.
Anch’io, come Giuditta e Marta, ringrazio Borges per aver rappresentato “in maniera così struggente il fulgore dell’assenza”.
Delicato e commovente…
una riflessione profonda, triste e molto coinvolgente.