gatti e misfatti nella capitale

13 novembre 2012 di: Clara Margani

Sotto minaccia di sfratto dal loro ricovero per problemi di abusivismo ed inagibilità, i gatti della colonia felina di Largo Argentina sono arrivati in Parlamento, come titola qualche quotidiano della capitale anche a tiratura nazionale. Come ci siano arrivati non si sa, anche se i gatti sono maestri nel non farsi notare nei loro spostamenti e conoscano vari modi per intrufolarsi in luoghi ad altri inaccessibili. Ad ogni modo “quarantaquattro gatti in fila per sei col resto di due” hanno determinato un’interrogazione parlamentare del vicepresidente della Commissione Cultura della Camera al Ministro dei Beni culturali, per chiarire l’abuso edilizio e la presentazione di un ordine del giorno da parte di alcuni consiglieri capitolini al Sindaco di Roma.

Per chiedere la tutela della colonia felina e l’individuazione di un sito alternativo da parte sua, del sindaco. Il certosino Alemanno pare abbia invece fortemente caldeggiato la permanenza della colonia sullo storico sito. Accusati di procurato degrado culturale da Andrea Carandini, eminente archeologo ed ex presidente del Consiglio Superiore per i Beni culturali, perché la struttura che li ospita è stata costruita su un tempio romano e denunciati dalla Asl Roma/A per l’inidoneità igienico-sanitaria della medesima, si sono visti costretti a tirar fuori le unghie ed a mostrare i denti per difendere il loro spazio vitale, dove prima pacificamente schiacciavano qualche pisolino, ricevevano le coccole di romani e turisti, si facevano fotografare gratuitamente.

Chi ha sconvolto la pax felina sembra sia stato Giulio Cesare. Recenti scavi effettuati a ridosso del ricovero felino pare abbiano portato alla luce l’esatta ubicazione del luogo del suo assassinio, e la necessità di continuare nei sondaggi ha avuto come conseguenza una serie di controlli sulla struttura ivi presente, riadattata all’uso veterinario con mattonelle ed inferriate. Tu quoque, Felis mihi!

Mentre l’antico detto romanesco “Nun c’è trippa pe’ gatti”, coniato dal famoso sindaco Ernesto Nathan all’inizio del ‘900 per annunciare che i gatti non sarebbero stati sfamati più a spese del Comune di Roma, sta per essere sostituito con “Nun c’è ricovero pe’ gatti” e gli oggetti di tanto contendere, acciambellati alla base delle colonne o distesi su mattoncini imperiali, guardano dall’alto della loro millenaria indipendenza agitarsi la variegata umanità dei loro detrattori e quella dei loro sostenitori, socchiudendo gli occhi con infinita pazienza.

1 commento su questo articolo:

  1. gemma scrive:

    I gatti mi sono sempre piaciuti: sornioni, attenti, curiosi, indipendenti, autosufficienti, puliti….io non mi preoccuperei della presenza dei gatti che, pur non avendo padrone, se la cavano, ma dei cani che hanno padrone e continuano a sporcare i marciapiedi. Una colonia felina rispettosa dell’ambiente e del decoro urbano va sicuramente tutelata, difesa, protetta. Che fare invece per risolvere l’eterno problema delle deiezioni canine non rimosse da padroni disattenti e incivili?

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