sciopero e servizio pubblico, il conto non torna

11 dicembre 2012 di: Ornella Papitto

Sono indignata, anzi furibonda. Qualche giorno fa c’è stato lo sciopero della scuola, tutta, dalle inferiori alle superiori. Ma non è un po’ troppo tardi? Non è fuori tempo massimo? Perché ai tempi della cosiddetta “Riforma Gelmini”, quando i politici impoverivano la scuola pubblica e umiliavano i suoi lavoratori, precarizzando la professione più nobile di una società civile, i professori rimanevano saldamente in classe? Non ricordo uno sciopero così partecipato come quello di sabato 24. Perché non solidarizzavano con i precari di allora? Quante vittime da allora?

No, non ci sto con il pensiero conformista che uccide le intelligenze e rende tutti uguali, quindi inutili, ovvi e superflui. Sto uscendo dalle righe: sappiamo che la libertà di sciopero è “sacrosanta”, quindi di natura divina, ossia intoccabile, ma non so fino a quando, perché una gestione cosi irresponsabile rende debole la classe docente. Gli insegnanti hanno aderito in massa allo sciopero, ma il giorno stesso, senza nessun avviso a partire dal giorno precedente. Ritengo che un Pubblico Ufficiale, un impiegato della Pubblica Amministrazione non possa alzarsi dal letto e decidere per tutti (alunni e famiglie) se aderire o no allo sciopero. Un’azione così importante va programmata. Ogni docente dovrebbe assumersi la responsabilità delle proprie azioni davanti ai suoi alunni e spiegarne le motivazioni. Condivido le ragioni, ma assolutamente non il metodo. Sono o no un modello per i nostri figli? Chiedo troppo?

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