che bell’intreccio tra romanzi, musica e cervello
Nel suo ultimo romanzo, lo scrittore giapponese Murakami Aruki inizia il racconto con un tema musicale che la protagonista ascolta occasionalmente durante un trasferimento in taxi nella congestionata Tokio. Vi é un blocco del traffico e la sinfonietta di Janacek, con la complicità dell’autista, le consente di fare un salto nello spazio che la porterà in un altro mondo, nell’IQ84. L’ascolto della musica può sembrare occasionale, infatti è trasmessa da un programma radio che l’autista del taxi aveva già scelto prima che salisse la cliente ma Aomame, la protagonista, la riconosce immediatamente, anzi si chiede quante persone siano in grado di identificare la composizione di Janacek fin dalle prime battute e l’ascolto della musica la trasporta immediatamente nell’atmosfera cecoslovacca del 1926, prima della tragedia del nazismo, quasi a significare che questa musica è capace di fare superare le barriere del tempo. Alla fine del secondo volume del romanzo cercherà di ritornare, sempre in taxi, nello stesso luogo ma questa volta non vi sarà la sinfonietta a guidarla e non riuscirà a trovare il cunicolo che le consenta di ritrovare il suo mondo originario. La scelta di Murakami di inserire una musica “chiave” in un romanzo non è una novità.
I rapporti tra la letteratura e la musica sono stati sempre molto stretti e nell’ambito del romanzo molteplici sono gli spunti se non addirittura le trame che hanno in temi musicali la traccia principale. Basti ricordare Tolstoi e la sonata a Kreutzer con il violino, o meglio il violinista, galeotto, dove la musica è la vera protagonista che da origine e orienta tutto lo svolgimento del dramma. Con Proust, in “un amore di Swann” vi è una “petite phrase” musicale, che fa parte di una sonata per violino e pianoforte, e si intreccia, con sentimenti non sempre traducibili con le parole, all’amore di Swann per Odette de Creuzy e, poi, al suo totale disamore. Sembra che questi maestri della parola trovino insufficienti le possibilità di comunicazione offerte dalla scrittura e chiedano l’ausilio di un altro linguaggio che, come afferma Proust, esprime idee reali ma inaccessibili all’intelligenza.
L’intuizione dello scrittore trova oggi conferma scientifica nei meccanismi cerebrali che consentono la comprensione e l’elaborazione musicale, completamente distinti e indipendenti da quelli che presiedono al linguaggio. E’ possibile perdere la parola (afasia) senza che la percezione musicale sia compromessa, e così esiste l’amusia, ossia la (in)capacità di percepire o immaginare la musica, che può essere congenita o acquisita, in questo secondo caso conseguenza di specifiche lesioni cerebrali. Anche nei confronti dell’intelligenza la disposizione alla musica ha un comportamento del tutto indipendente. Persone di grande intelligenza e fascino possono essere amusici, come Che Guevara, del quale si racconta che una volta fu avvertito che il valzer che ballava con grande foga era invece un samba. Individui con grave deficit intellettivo, come in una malattia genetica, la sindrome di Williams, mostrano, viceversa, una innata e spiccata disposizione alla musica.
Oggi abbiamo anche la dimostrazione, con strumentazioni sofisticate come la risonanza magnetica funzionale, di quali siano i centri cerebrali coinvolti nella elaborazione e comprensione del linguaggio, parlato e scritto, e quelli dai quali dipende la percezione e la elaborazione della musica. Si comprende, allora, come il linguaggio e la musica siano due sistemi di elaborazione e di comunicazione indipendenti e non sempre interscambiabili. Le citazioni musicali degli scrittori sono da considerare come integrazione del linguaggio parlato con un altro linguaggio, non sempre comprensibile all’intelligenza, come dice Proust, ma capace di esprimere stati d’animo che le parole non esprimerebbero compiutamente.
Articolo interessante soprattutto per me che sono una logopedista spesso mi accorgo che pur di comunicare la gente non usa solo le parole, ritmo e musica sono cose che possono sostituire le parole così come le parole possono sostituire il ritmo.
Donne di Mezzocielo il fatto che voi riuscite a toccare tanti argomenti diversi non cadendo mai nella confusione vi fa sempre più onore, articolo ottimo che mi fa ricordare alcuni dei miei romanzi preferiti, forse la donna che lo scrive è specializzata nel linguaggio forse ha un’anima da ricercatrice comunque va bene così
Anche nelle parole c’è una chiave magica che porta alla nostra mente altri suoni e significati, un suono di una frase può farti ricordare con il passare del tempo non più la frase ma altri suoni e parole.Chi si occupa di musica lo sa bene.
Provo ad in viare un commento
Noi redazione attendiamo ancora il commento di Angelo! Prova riprova che ce la fai!
La traduzione degli archetipi con i quali la nostra parte interiore dialoga con il nostro conscio e la traduzione degli stessi in un linguaggio a noi comprensibile trasformabile in fonemi, è un compito arduo che la nostra mente è chiamata a svolgere. La musica invece è archetipo chiaro di per se che non necessita di alcuna traduzione. Come direbbe Jung è un linguaggio proveniente dall’inconscio collettivo. Ottimo spunto di riflessione da parte di Alice.
In Murakami è abbastanza frequente il richiamo a situazioni già descritte in altri suoi romanzi. Questo è il caso della protagonista del 1Q84 che ascolta, durante un suo percorso in taxi, rallentato da un ingorgo del traffico di Tokio , la sinfonietta di Janacek. Anche in “Kafka Sulla Spiaggia”, il protagonista, Hoshino, sprofondato in una comoda poltrona, dopo aver bevuto un buon caffè, ascolta, cosa per lui insolita, musica da camera che lo rilassa e che gli piace tanto da chiedere al padrone del bar di che musica si tratta. E’ il Trio dell’Arciduca, scritto da Beethoven nel 1811 per Rodolfo d’Asburgo ed interpretato da Rubistein, Heifetz e Feurman, tre grandi artisti, che per la loro bravura verranno definiti il Million Dollar Trio.Mi permetto di sottolineare che la differenza tra la Sinfonietta di Janacek ed il Trio dell’Arciduca è enorme; basti pensare che il Trio fu scritto da Beethoven in piena maturità e dopo aver scritto quest’opera non compose più altri trii. Riteneva d’aver raggiunto la vetta ed il suo senso critico gli impose di non superare se stesso.
Hoshino ascolta il Trio rapito dal susseguirsi di note, che per la loro splendida connessione gli impediscono di distaccarsene e anche successivamente chiede di riascoltarle ancora.
Mi permetto esporre il mio punto di vista che dovrebbe necessariamente esser anticipato dall’ascolto successivo prima della Sinfonietta e poi del Trio. Siamo su piani musicali assolutamente diversi, direi stigmatizzati già dai nomi dati a ciascuno dai loro compositori : Sinfonietta la prima, un diminutivo e Trio dell’Arciduca la seconda !
Ritengo che di fronte ad un capolavoro musicale non si può fare altro che proporne l’ascolto. Nel caso del Trio, fin dalle prime note, quelle che scaturiscono dal pianoforte, si rimane attratti dalla capacità ammaliante delle stesse, che ti impongonol’ascolto di quelle successive e ti determinano grande curiosità nei confronti di questi eventi sonori dei quali non riesci a prevedere l’evoluzione. La comparsa poi del suono del violino e del violoncello finiscono col bloccare la tua possibilità di sottrarti a questo complesso scenario musicale fatto di suoni affascinanti.Il mio personale consiglio, ai lettori di Mezzocielo indotti dal testo “Che bell’intreccio tra romanzi, musica e cervello” di Alice Monachesi , è quello di ascoltare questo brano e di riparlarne poi !
“Beethoven-Google: Trio
ESTER. Ottima intuizione. Anche se non vi è nulla di codificato i tentativi vanno fatti. Le consiglio di leggere il capitolo “Parola e canto: “afasia e musicoterapia” del libro di Oliver Sacks “Musicofilia”, ed. Adelphi.
PAOLO R. RUSSO. Grazie per l’apprezzamento. Non credo sia facile identificare la personalità dell’autore da uno scritto così semplice. Ma un pò di mistero non guasta!
ANNAMARIA Z. La capacità di evocare percezioni sensoriali differenti da quelle acustiche con la musica (p. es vedere immagini colorate ascoltando alcuni brani musicali) si definisce sinestesia ed è molto accentuata in alcuni musicisti, tra questi Scriabin. E’ un discorso piuttosto complesso che meriterebbe un trattazione a parte.
FILIPPO ALBAMONTE. E’ possibile che il linguaggio musicale provenga dall’inconscio collettivo. Una delle teorie più recenti lo considera un mezzo di comunicazione preverbale, comune a tutte le specie animali (zoomusicologia).
ANGELO CARTA. Grazie per avere ricordato Kafka sulla spiaggia con il trio dell’Arciduca. Forse dobbiamo ritornare a Proust che non identifica la sonata per violino e orchestra che accompagna l’amore di Swann anzi l’attribuisce ad un personaggio di fantasia, assolutamente sgradevole e descritto con chiaro disprezzo, quasi a sottolineare che le facoltà musicali sono del tutto differenti e indipendenti dalle altre ben conosciute facoltà mentali.
Murakami infarcisce tutti, diconsi tutti i suoi romanzi di citazioni musicali e letterarie tratte dalla cultura occidentale. E’ realme nte un appassionato di jazz e di classica occidentale,questo si sa, e queste sue passioni le usa poi a piene mani nei suoi libri, sfruttando al massimo le conoscenze che possiede in questi ambiti.
. Molto furbescamente e con grande attenzione al marketing occidentale, dicono i maligni (sai quanti occidentali leggerebbero e sbaverebbero per i suoi libri, se il buon Haruki citasse solo (solo!?) —- per esempio—- una Murasaki Shikibu? )
Odette de Crecy.
Non de Creuzy.
L’autrice del Genji Monogatari Murasaki Shikibu è, bisogna dirlo, molto conosciuta in Italia soprattutto presso i e le cinquantenni di oggi perchè l’Einaudi fece all’epoca una serie di pubblicazioni sui -diari di dame di corte dell’antico Giappone” e sullo – lo stesso -Genij il principe splendente”quello che in Murakami trovo interessante ed eclettico sono le citazioni musicali occidentali, forse se avesse citato un suonatore dell’antico Giappone avrebbe perso in popolarità? No forse avrebbe allargato le nostre conoscenze di musica orientale.
Tutte le osservazioni possono essere interessanti e lo sono. in fondo io credo e ritengo che scopo di Mezzocielo sia anche quello di ampliare la nostra conoscenza, senza conoscenza non vi è cultura !
Il lavoro di Alice Monachesi, che ha mosso le varie osservazioni ha un merito evidente, quello d’aver fatto pensare e scrivere ed ognuno di noi ha contribuito a ciò.
Io spero che qualcuno sia stato sollecitato da me o lo sarà, ad ascoltare il Trio dell’Arciduca. Mi ritenevo un buon conoscitore della produzione beethoveniana, ma non lo avevo mai ascoltato ! Ecco, questo potrebbe essere un chiaro esempio del fenomeno a cascata,(nozione indotta fa cultura), leggo questo episodio in Kafka Sulla Spiaggia, ho curiosità, cerco il Trio, lo ascolto, ne rimango affascinato, lo dico ad altri…tramite Mezzocielo.
un bellissimo regalo di fine anno, grazie ad Angelo e a tutti coloro, donne e uomini, che animano questo sito con pensieri belli e profondi, molti auguri a tutti voi e noi di continuare ad esercitare la libertà di pensieri originali, rosanna pirajno