ingiustizia in nome della giustizia

7 dicembre 2012 di: Simona Mafai

Solo dopo una carcerazione di 13 mesi, è stata proclamata l’innocenza d una coppia di bengalesi, arrestati nel luglio del 2011, accusati di avere abusato sessualmente del figlio quindicenne. Il ragazzo si era “confidato” con gli insegnanti della propria scuola. Marito e moglie furono messi in carcere (senza che fosse celebrato il processo!); il figlio minore fu rispedito in Bangladesh, ed il maggiore (l’accusatore) fu ospitato in una casa famiglia. Successivamente il giudice che ebbe in affidamento il caso, nominò uno psichiatra, che interrogò a lungo il ragazzo e lo prese in osservazione e cura per un certo tempo. Conclusione: il giovane soffre di evidenti problemi psichici, il suo racconto di violenze sessuali in famiglia non ha “credibilità clinica”; quindi la coppia viene scarcerata (dopo più di un anno di detenzione) ed il successivo processo si conclude con l’assoluzione piena per ambedue “per non aver commesso il fatto”.

In questi giorni è nelle sale cinematografiche il film “Il sospetto”, e quindi siamo tutti più sensibili alla possibilità di errori giudiziari in questa delicata materia. Ma ci assilla una domanda: se la coppia non fosse stata di immigrati, ma di cittadini italiani, essi sarebbero stati messi in prigione, e detenuti per 13 mesi, senza processo??

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