amor di cappuccino capitolino
Laura Nassi nel suo libro ”Roma e i miei cappuccini” dell’editore Palombi, illustra alcuni luoghi deputati della città, collegandoli alla degustazione di buoni, migliori, ottimi cappuccini. Impresa meritevole perché permette una visita della città da un punto di vista particolare, e sdogana un amore peccaminoso e pericoloso per la salute come il sorbire cappuccini degni di questo nome. Si tratta dunque di un incitamento alla perdizione, un “cupio dissolvi” di latte nel caffé o di caffé nel latte, un disciogliersi tra lingua e palato di quella crema di latte che sovrasta un piccolo lago di caffé e fa da barriera al contenuto della bustina di zucchero (per chi ce lo mette ), prova inconfutabile della sua compattezza. Questo il prodotto. Ma il produttore? Non tutti i baristi sanno fare un cappuccino, anche perché bisogna accontentare le richieste più varie: cremoso, molto cremoso, schiumato, senza schiuma, scuro, chiaro, aromatizzato al cacao, alla nocciola, alla vaniglia.
Inoltre bisogna “avere polso” cioè saper agitare sapientemente il bricco per montare bene il latte a crema e versarlo nella giusta quantità nella tazza. Basta, bisogna essere degli artisti. Ed è un vero artista Claudio, il barista del bar pasticceria dove quasi tutte le mattine ricevo il cappuccino creato da lui. Uomo schivo e pensoso, sembra ricevere gli ordini, raccolti al banco dai suoi colleghi, con una compostezza degna di un intrepido timoniere, calmo nell’occhio della tempesta. Silenzioso, crea piccoli capolavori in tazza mai uguali a se stessi, accontentando le richieste dei clienti ma contemporaneamente accontentando il suo desiderio di perfezione. Cominciano così le giornate di impiegati e impiegate, casalinghe e casalinghi, operai e operaie, operatori e operatrici ecologici, vigili e vigilesse, insegnanti, pensionati e pensionate, disoccupati e disoccupate, studentesse e studenti universitari e delle superiori, tassiste e tassisti, rei di un peccato originale da cui non riescono a redimersi, e recidivi perché pronti a ripeterlo il giorno dopo da soli, in coppia e perfino in gruppo.
Brava Clara, che ci fai sognare e restituisci un po’ di romanticismo alla frettolosa colazione fatta al mattino in un bar, consumata in fretta tra gente ancora mezza frastornata dal sonno e tazzine sporche abbandonate sul bancone dove cerchiamo di ritagliare un posticino anche per noi. Mi fai ripensare con nostalgia ai caffè di una volta, quei locali bella epoque che ancora rimangono a Triestre, dove si riunivano poeti e letterati che passavano pomeriggi interi a discorrere tra loro. Questa invece è l’epoca del “mordi e fuggi”, dello snack , del fast-food (che sia all’italiana poco ci consola) , del menù fisso e dei buoni pasto. A pensarci bene, al mattino anche una vecchia caffettiera che borbotta in cucina ed espande il buon aroma del caffè per casa non è niente male!
Ci fai venire l’acquolina in bocca e agli occhi, perchè anche quelli vogliono la loro parte, ormai viziati dalle presentazioni fantasiose dei nuovi Master Chef.
ho passato i primi quattro anni vita a Roma ed ecco, improvvisamente ho rivisto il vecchio bar di via Cvour ed ho sentito l’odore della schiuma del cappuccino quando l’avvicinavo alla bocca e poi l’odore di una cosa splendida che mi veniva dato come premio il Maritozzo… credevo di ricordare poco di quegli anni , invece si è aperta una larga via di ricordi.Clara mi hai fatto involontariamente una cosa graditissima!
Mi piacciono i caffè triestini(specialmente S.Marco e Tommaseo)dove ci si incontra a tutte le ore a “babar”.Non mi piace l’abitudine del mordi e fuggi romano ma è sempre preziosa quella tazza se presentata da artisti del decoro.Come dimenticare quella volta quando,giù di tono,vidi comparire sul banco il mio cappuccino colmo di spuma bianca ornata da un cuore trafitto ottenuto con un filo di cioccolato fuso! Miracoli della comunicazione non verbale
Ora anche Roma si sta aprendo al gusto di consumare seduti,conversare e leggere il giornale
Il cappuccino si orna di nuova coreografia
Corto,lungo,caldo,tiepido,amaro,dolce, in tazzina,al vetro, macchiato, corretto
Ah che bell’ ‘o cafè pure in carcere ‘o sanno fà perchè Cicirinella ha dato la ricetta….. canta De Andrè dopo la ricetta storica di Edoardo.
‘A tazzulella e cafè non ha confronti col modesto cappuccino che sa tanto di monastico.
Una filosofia,un ricordo, una passione, un peccato ,un amore,in Paradiso anche San Pietro ne va matto.
Luoghi deputati?
A Roma andate in piazza Sant’Eustachio a due passi dal Senato e da piazza Navona. Visitate la chiesa sorta sulla casa di Eustachio che là riposa con suo figlio Agapito e sua moglie Teopista, poi ,trascinati dall’aroma entrate nel caffè , vi sembrerà di rinascere
P.S. Esistono i ” CAFFé LETTERARI”
Non esistono i ” Cappuccini letterari”
Clara convertiti.Degusta un caffè Buona giornata
Ragazze, mi avete proprio colpito al cuore o alla gola. Purtropppo devo rinunciare a questa goduria indescrivibile per la mia intolleranza al lattosio. Però è tornato vivo il ricordo di quella schiuma morbida, un piacere paragonabile a una tazza di cioccolata calda e fumante. Mamma mia che nostalgia! Mi fa venire in mente i tempi della scuola, quando con il mio papà, lui il caffè bollente, io il cappuccino, era un rito quasi obbligatorio. Che tristezza doverci rinunciare, adesso!
non osavo commentare ma, leggendo la replica di Giusi, ho trovato il coraggio di farlo…
anch’io ho dei ricordi meravigliosi legati al cappuccino preso al bar, al suo profumo intenso e delicato, all’aroma
dovuto al caffè, alla schiuma cremosa raccolta col cucchiaino all’inizio e alla fine, quando rimane nella tazza:
gioia per il palato, armonia di sensazioni piacevoli….
purtroppo non posso più prendere il caffè e ho optato per il cappuccino d’orzo ma… non è la stessa cosa
si può tuttavia condividere il piacere di prenderlo in compagnia di qualche amica “irriducibile” la cui vicinanza
ti consente di apprezzarne la fragranza