la bomba demografica sta rallentando

16 gennaio 2013 di: Simona Mafai

Nella mia adolescenza, la minaccia di una crescita demografica illimitata era considerata un rischio pari quasi alla guerra atomica. Ed in effetti la popolazione del mondo è sempre aumentata, e con ritmo incalzante (nonostante le guerre, le crisi alimentari, le malattie). Alla fine del 2012 sono stati raggiunti i 7 miliardi di persone. Ma, osservano i demografi (dati dell’Onu), la curva di crescita sta rallentando il suo ritmo (esempio: tra il 1965 e il 1970, la popolazione mondiale è cresciuta del 2%, mentre tra il 2005 e il 2010, è cresciuta dell’1,1%), tanto da prevedere alla fine del secolo (2100) un indice di crescita zero; dopo di che il rapporto tempo/crescita si capovolgerebbe, e si comincerebbe a registrare una progressiva riduzione del numero degli abitanti sulla terra.

Già oggi la fertilità è nettamente in calo, e non solo in Europa (in Germania, 1,36 figli per donna; in Italia, 1,4; in Spagna, 1,48) ma anche nei cosiddetti paesi in via di sviluppo (li chiamiamo ancora “in via di sviluppo”, mentre si stanno sviluppando più di noi!), in India, 2,5 figli per donna (contro un indice precedente di 6 figli per donna), così anche in Messico e Brasile. Perfino nell’Africa sub-sahariana, dove l’indice di fertilità è tuttora molto alto (4,66 figli per donna) si registra un lento calo.

La si pensi come si vuole, ma la crescita culturale della donna, l’affermazione della sua indipendenza, la capacità di controllo della propria maternità, stanno contribuendo in modo decisivo a fermare la bomba demografica di cui si era terrorizzati nel secolo scorso.

5 commenti su questo articolo:

  1. Marcella Geraci scrive:

    E se a contribuire al disinnesco della bomba demografica ci fossero pure la precarietà del lavoro e dei rapporti umani, una condizione economica e sociale frustrante?
    Sono nata nel 1972 e ho sentito spesso discorsi del tipo: “fare un figlio è una responsabilità perché lo si deve far nascere e lo si deve allevare nell’ambiente giusto. Ci vogliono la mamma e il papà e i genitori devono poter dare al/la bimbo/a tutto ciò che serve ad un’educazione equilibrata: studio, cibo, sport, etc.”
    E’ frustrante dover muoversi pensando che,comunque vada, siamo la generazione che non potrà dare ai figli quello che noi stessi abbiamo ricevuto dalle madri e dai padri in termini economici (anche se penso che potremo dare moltissimo in termini di tempo e di cultura). E’ frustrante muoversi in uno scenario in cui alla frammentazione e alla precarietà dei rapporti umani non corrisponde il riconoscimento ufficiale della legittimità di nuovi modelli familiari, che pure esistono e si fanno strada.
    Da un lato c’è questa frustrazione e dall’altro la “razionalità” di chi ci invita a non fare il passo più lungo della gamba. Ma quando la gamba è corta, non è forse più utile pensare che il passo lo si debba fare ugualmente?
    Non voglio fare polemiche e ti ringrazio per questo articolo, che mi aiuta a sputare il groppone che ho in gola. Mi piacerebbe invece riflettere sul fatto che manca una forza politica e culturale capace di contrastare il “buon senso” e che inviti le persone a riprendersi tutto. Proprio tutto.

  2. rosaria scrive:

    Non vorrei che l’articolo della Mafai fosse male interpretrato cioè donna intelligente è consapevole uguale a donna con poca attitudine alla maternità, per me ha ragione Marcella la donna non fa più figli perché lo stato non offre servizi adatti, nella Francia laica piena di donne consapevoli la politica in favore delle madri è stata ben studiata ed attuata così che è facile vedere famiglie numerose.

  3. Adele scrive:

    …………”La si pensi come si vuole, ma la crescita culturale della donna, l’affermazione della sua indipendenza, la capacità di controllo della propria maternità, stanno contribuendo in modo decisivo a fermare la bomba demografica di cui si era terrorizzati nel secolo scorso.”………….

    questa semplificazione fatta da simona mafai mi stupisce molto e in senso negativo

  4. Renata scrive:

    menomale che le donne hanno conquistato libertà e consapevolezza e possono contribuire, o non, alla crescita demografica! E’ finita per fortuna la procreazione imposta dai compagni/mariti, dalla società e dalle varie religioni.
    I problemi sociali, politici, economici sono certamente alla base di molte decisioni, ma è un fatto positivo che le donne, finamente, non siano più soggetti subenti ma soggetti agenti.

  5. Simona mafai scrive:

    Cara Marcella,
    è un logoro “topos” della sinistra ritenere che ogni cosa che non ci piaccia, deriva da uno “stato” cattivo e insensibile.
    La riduzione delle nascite nel mondo non è certo un fatto negativo. In Italia questa diminuzione è certamente derivata anche dalla consapevolezza delle donne, che controllano la propria maternità. Generazioni di donne libere e più o meno femministe hanno operato per diffondere la cultura del controllo delle nascite (che il fascismo vietava!). Certo, dobbiamo richiedere allo stato più servizi per la famiglia e per l’infanzia: ma non è questo che determina prevalentemente l’indice di natalità di un paese. Altrimenti dovremmo plaudire agli stati dell’Africa sub-sahariana, e alla loro politica sociale, dato che in quelle regioni l’indice di fertilità è di quasi 5 figli per donna!

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