la rabbia e il dolore delle giovani indiane

14 gennaio 2013 di: Daria D’Angelo

E’ stato un passa parola velocissimo da una città all’altra da Delhi a Bangalore, da Kolkota a Mumbay. Proteste silenziose, veglie in memoria di “Damini” già diventata il simbolo di una rivolta sociale destinata a lasciare il segno in un paese di quasi due miliardi di abitanti, dove la condizione della donna è giudicata dagli organismi internazionali tra le peggiori insieme con Indonesia e Arabia Saudita. La rabbia, il dolore e la frustrazione devono trovare sfogo da qualche parte e questo paese finora pigro e dalle reazioni rallentate, li ha subito trasformati in protesta. “Light a candle in her memory” è stato il passaparola sui social network, e migliaia di candele si sono accese nella notte indiana poco dopo il tramonto.

Dalle veglie silenziose davanti alle scuole sono venuti fuori messaggi chiarissimi: “il numero degli stupri in India (nel 2011: 24 mila casi denunciati, escluso il sommerso.- decuplicati rispetto al 1971) è una vergogna nazionale e deve diventarlo per tutti”.  “Deve essere qualcosa per cui tutti si devono vergognare”, grida a un microfono una ragazzina di 16 anni. Chiedono “vera indipendenza”, chiedono alla polizia di fare qualcosa. Prima che “Damini” restasse vittima del violento stupro collettivo a bordo di un bus, una ragazza di 17 anni, violentata da un ragazzo, si è uccisa perché quando è andata a denunciare il fatto i poliziotti le hanno suggerito di sposare quel giovane. E ancora altri stupri, uno denunciato e un’altra vittima. L’India resta ancora un paese dove nascere femmina è una sentenza di morte, dati ufficiali dicono che ogni anno ci sono 10 milioni di aborti selettivi per ridurre il numero delle nascite di bambine, soprattutto nei villaggi. Tutto ruota attorno alla questione delle “doti alle figlie“, a causa di ciò, le principali cause di morte per il sesso femminile sono ancora: l’infanticidio, la morte nell’infanzia per fame e maltrattamenti, la morte delle donne costrette a ripetuti aborti perché il feto è femmina, le uccisioni che ruotano intorno alla questione della dote delle figlie, i “delitti d’onore”.

Il metodo “di elezione” di questo genocidio del sesso femminile è certamente l’aborto selettivo, assieme all’infanticidio. Se una figlia è considerata un fardello, due sono un peso che le famiglie non possono assolutamente permettersi: perché tirare su una figlia costa, soprattutto per la dote matrimoniale, che sebbene illegale viene tuttora pretesa dalle famiglie dei mariti, le uniche a godere dei profitti dell’oneroso investimento compiuto dalla famiglia di origine. Molte donne e bambine uccise sfuggono alle statistiche perché in ospedale nemmeno arrivano, e nessuno indaga. Ora queste ragazze reagiscono, in una nazione sempre schiacciata da incredibili contraddizioni, come quella che la vede tra i primi paesi che ha prodotto un leader donna (Indira Ghandi nel 1966) e che ha una donna (Sonia Gandhi) a capo del primo partito del paese.

L’accusa per i sei arrestati è stata ovviamente trasformata in omicidio e rischiano la pena di morte. Le donne indiane chiedono pene più severe e tribunali speciali per garantire processi veloci. Il governo risponde, assicura, promette e si spera che dopo tanta tristezza e ignominia, queste coraggiose donne, madri e figlie indiane, riescano ad innescare una vera rivoluzione di genere e possano portarla fino in fondo.

2 commenti su questo articolo:

  1. silvia scrive:

    Il dolore, la rabbia e l’indignazione non possono che trasformarsi in presa di coscienza, impegno e solidarietà. Ogni corpo di donna straziato, violentato ed ucciso grida giustizia, le sue ferite sono quelle di ciascuna di noi. Dobbiamo esserne consapevoli e ricordarcelo sempre, anche nella vita di tutti i giorni: pretendere il dovuto rispetto dai nostri compagni, educare i nostri figli maschi a non credersi i padroni dell’universo, prendere le giuste distanze da suocere convinte che mai nessuna altra donna sarà alla loro altezza, esigere di avere leali rapporti di lavoro con colleghi pieni di boria maschile che ci vogliono soltanto umiliare. Cose minime, ma che fanno da substrato alle violenze più turpi. Ogni donna uccisa è un crimine contro l’umanità ed una vergogna che ricade su quanti intimamente ne restano indifferenti.

  2. silvia scrive:

    Torno per caso dopo molto tempo su questo articolo. Che tristezza vedere che non si è aggiunto nessun altro commento! Mi dispiace per te Daria che sei rimasta unica voce di denuncia e di sostegno alla “rabbia e il dolore delle giovani indiane”. Valeva così poca attenzione il tuo articolo sul web? Un caro saluto, Silvia

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