lettera aperta alle/ai giornaliste/i
Certi di trovare in voi ampia condivisione, riteniamo che su pochi e semplici principi si incardini il senso civico e in cima a tutti c’è il rispetto per la dignità umana e quello per la verità. Nel 2012 Palermo è stata teatro di efferati femminicidi. In particolare, l’uccisione delle due ragazze nigeriane, Favour e Loveth, è assurta a simbolo dell’indifferenza delle istituzioni e dei media nei confronti della piaga sociale della tratta delle donne. Si, perché non si tratta solo di “prostituzione”, ma di schiavitù. È certo che le due donne vivevano in quella zona d’ombra ignorata dai più, dove la criminalità del loro paese d’origine trova sponda nella nostra; dove certa mentalità maschilista, che considera lo sfruttamento del corpo femminile una straordinaria risorsa economica (più di 10 milioni di euro l’anno solo a Palermo!), incontra i retaggi di un erotismo che si alimenta del gusto della sottomissione.
Da queste morti si è levata la protesta di tante Palermitane e tanti Palermitani che silenziosamente si sono raccolti in una grande fiaccolata e, prima ancora, il 6 Febbraio 2012, hanno ufficialmente costituito il Coordinamento Antitratta Favour e Loveth nel quale sono coinvolti comitati, associazioni e libere/i cittadine/i. L’auspicio del Coordinamento è che, almeno nella nostra città, il contrasto alla tratta delle schiave diventi una priorità nell’agenda delle Istituzioni, della Politica e del Giornalismo d’inchiesta.
Non è una città civile quella in cui a pochi interessa approfondire i legami tra la criminalità nigeriana, ed extracomunitaria in genere, che organizza la tratta e lo sfruttamento delle giovani donne, e le organizzazioni criminali locali che vi lucrano. Non è una città civile quella in cui le principali testate giornalistiche hanno reso noto il brutale omicidio di Favour con uno striminzito trafiletto. Non è una città civile quella in cui, dopo tutto questo, in occasione del suicidio in carcere dell’uomo che ha ucciso e bruciato il corpo di Favour, campeggiavano nei giornali titoli del tipo “suicida l’assassino di una prostituta”. Mentre alcun cenno si faceva alla storia della ragazza né al suo stato di schiavitù, sortendo un effetto indubbiamente depistante rispetto al messaggio che sarebbe stato importante lanciare ai cittadini. Non è una città civile quella in cui regna l’indifferenza anche di fronte all’attentato alla vita di Vivian Wiwoloku, pastore della Chiesa metodista, avvenuto nei giorni scorsi in Nigeria e alle reiterate minacce di morte susseguitesi a Palermo. Vivian da anni si batte nella nostra città contro la tratta delle schiave del sesso con l’obiettivo, indubbiamente scomodo per tanti, di sottrarre queste donne al destino che la criminalità organizzata impone loro.
La lotta contro lo sfruttamento, la violenza e la tratta non va demandata solo alle associazioni di settore e alle Forze dell’Ordine. È importante diffondere la consapevolezza che questa battaglia di civiltà coinvolge tutte e tutti, non ultimi voi Giornalisti. Ecco perché, in occasione della simbolica consegna di questa nostra lettera aperta ai Giornalisti, il Coordinamento Antitratta Favour e Loveth ha chiesto l’ufficiale adesione delle Donne-Giornaliste di tutte le redazioni cittadine al sit in che si è tenuto giovedì, auspicando così che si facciano esse stesse garanti di un uso del linguaggio giornalistico rispettoso della dignità della donna, chiunque essa sia.