rileggere i capolavori

17 gennaio 2013 di: Fulvia Bagnara

Perché si ritorna su ciò che si è già scritto? Ho sottolineato quanto può essere bello rileggere un libro se è un capolavoro. Ma cosa è un “capolavoro”? E’difficile dirlo. Forse è la sensazione soggettiva che ti fa godere e ti ripaga della fatica che tu fai nel momento in cui leggi, ascolti, guardi, quel brano, quel motivo, quel quadro. E’ forse più facile esprimerlo per ciò che leggi: per la sequenza delle parole, dei verbi, degli aggettivi che, nel capolavoro, ti colpiscono e ti inducono a vedere in te, mentre leggi, l’identificazione mitica col personaggio, con l’ambiente e con la storia.

Mi riferisco a “Delitto e Castigo” di  Fëdor Dostoevskij, che è un capolavoro che ti fa partecipe della sua sofferenza. Infatti il testo è stato realizzato nel corso dei suoi sei anni vissuti durante i lavori forzati in Siberia. Il nucleo centrale del romanzo è il “delitto” di una usuraia e della sua giovane sorella che è li per caso. Del delitto si sa subito tutto, ed è un romanzo giallo nel quale l’iter tradizionale è rivoluzionato a favore di componenti filosofiche, sociali, politiche, storiche ed etiche.

L’idea base è l’idea napoleonica: all’uomo “superiore” tutto è permesso, può infrangere le leggi alle quali deve invece attenersi l’uomo “comune”. Napoleone può far uccidere migliaia di persone senza dover subire alcun processo o castigo. Questo è presente da sempre nella storia dell’umanità. Raskolnikov, il protagonista, vive questa condizione in prima persona e ne fa l’idea base della sua vita dando alla sua storia forza straordinaria ed il lettore ne rimane turbato per le considerazioni filosofiche che ne derivano e che, nella loro semplicità, lo affascinano mentre legge. Il concetto ha salde radici nel mondo del pensiero e le infinite discussioni tra i tanti protagonisti allargano lo scenario del romanzo, che diviene il palcoscenico di una grande città russa: Pietroburgo con ubriachezza, prostituzione, miseria, con il ricco che insidia la bella sorella del protagonista, il giocatore, il nobile, il borghese, il burocrate, l’investigatore. Raskòlnikov è un giovane studente espulso dall’università, povero, tanto da decidersi ad uccidere la vecchia usuraia. E’ lui che si chiede: questa vecchia perché vive? A chi è utile? Questo lo induce ad ucciderla, non per toglierle soldi ma per rispondere ai suoi interrogativi sui problemi fondamentali della vita, della società e dell’esistenza.

Nel capitolo nono vi è la base critica del romanzo: la morte, di colui che per vivere deve morire. Il delitto non può non avere il castigo; non è la morte che lo bilancia, bensì la resurrezione. Senza la morte e senza il delitto, non vi può essere il castigo. Per avere il castigo, devi prima commettere il delitto. Solo dopo la punizione, con il castigo, potrai risorgere. Quasi per spiegare il suo concetto, Raskòlnikov insiste perché la sua amica Sonia, la prostituta, legga per lui quelle pagine del Vangelo di Giovanni ove si narra dei Giudei che erano andati da Marta e Maria a consolarle per la morte del fratello Lazzaro e chiedono a Gesù di riportarlo in vita. Gesù pronuncia la celebre frase: “Lazzaro! vieni fuori” e si compie il miracolo della resurrezione. La lettura di questo testo unisce di più la peccatrice e l’assassino, che inizia la sua parziale confessione che completerà con il colloquio che si svolgerà l’indomani con il giudice istruttore Porfiri Petrovic’. Perché lo ha fatto? Perché prima era indispensabile l’assassinio, solo dopo che vi è la morte, dopo il delitto, potrà giungere il castigo e con il castigo la resurrezione.

Delitto e Castigo è maturato in Dostoevskij dopo aver letto, nei sei anni di prigionia in Siberia, alcuni brani di Hegel relativi alla Storia, che divide in tre categorie: la prima è la storia scritta dai testimoni; la seconda è la meditazione su ciò che è accaduto e la terza è la filosofia analitica dell’avvenimento. Su questi concetti ragiona Dostoevskij e genera Delitto e Castigo quasi per descrivere lo svolgimento di fatti accaduti mentre avvengono, e questo affascina il lettore. Il mio è l’ invito a rileggere i capolavori: come questo.

6 commenti su questo articolo:

  1. Antonio scrive:

    Questa iniziativa di aprire alla letteratura è ottima sia perchè ricordando certi capolavori in maniera colta ed abile portate lettori e lettrici alla rilettura, in questo caso chi scrive è una donna dunque si può apprezzare un DELTTO E CASTIGO visto da un occhio femminile

  2. nunzio scrive:

    Delitto e castigo mi ricorda tanti mattoni da sollevare, voglio riprovare a prenderlo in mano ora e vedere l’effetto che fa!Comunque sono dell’idea di Fulvia di rileggere i classici in questo momento è un’ancora di salvezza

  3. ornella papitto scrive:

    Grazie Fulvia. Ho letto Dostoevskij e mi sono perdutamente innamorata.
    Ho letto Tolstoj e mi sono ancora più innamorata di Dostoevskij.
    La grande stranezza è che le opere di Dostoevskij non siano ritenute obbligatorie per la formazione di chi si laurea in Psicologia e o in Psichiatria. Un errore inammissibile!

  4. Mariella scrive:

    Grazie Fulvia è come aver rispolverato e ripresentato un mio amore giovanile, Dostoevskij noto che è amato dai giovani(ammesso che i giovani leggono) come sarai tu e dalle persone, come sono io un po’, po’ più in là con l’età

  5. silvia scrive:

    Cara Ornella, pur non avendo mai letto “delitto e castigo” – sono tra coloro che a torto considerano la letteratura russa un po’ pesante – il tuo commento mi ha ricordato che un’altro romanzo di Dostoevskij (“il giocatore”, in parte autobiografico) ha meritato l’attenzione…adirittura di Freud! Sono andata a controllare: in un suo lavoro utilizza proprio la figura dell’autore russo (a sua volta accanito giocatore) per analizzare il preoccupante fenomeno della perdita di controllo nel gioco, traendone alcune conclusioni. Il “giocatore nevrotico” (oggi si dice piuttosto “compulsivo”) non giocherebbe per vincere, ma per il gioco in sè e si servirebbe poi della “perdita” per espiare il senso di colpa legato al gioco stesso. Entra così in una spirale negativa,autopunitiva ed autodistruttiva…tema di estrema attualità. A maggior ragione, come suggerisci, questo autore andrebbe letto da chi si occupa, come professionista, di problemi legati alla sfera psichica.

  6. angelo carta scrive:

    Condivido pienamete quanto è stato scritto nei vari commenti. Ho apprezzato particolarmente il concetto di capolavoro inteso anche nel senso della iportante componente psicoanalitica. Mi sembra vi sia un ritorno degli editori sulla grande letteratura del passato .
    C’è da chiedersi il perchè,forse siamo in un momento di crisi intellettuale ?

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