san valentino vestito di nuovo
Essenze inebrianti, mazzi di fiori, parole dolci e cioccolatini. Ancora una volta il business degli innamorati ha spacciato i suoi cliché al grande pubblico, smanioso di comprare per essere. Quest’anno però, nello scenario scosso dai venti della crisi e dalle inaspettate dimissioni di Benedetto XVI, il protettore degli innamorati si è fatto strada a passi di danza, con gli occhi rivolti al drammatico problema della violenza sulle donne. Da Nuova Dheli a Khartoum, da New York a Milano, fino a Caltanissetta, “One billion rising” ha portato centinaia di donne e uomini a ballare nelle piazze contro la violenza. Per una volta, San Valentino si è veramente vestito di nuovo.
“Un miliardo di donne che subiscono violenza sono un’atrocità. Un milione di donne che danzano una rivoluzione”. Questo lo slogan del flash mob internazionale che ha trascinato 197 paesi del mondo a ballare la coreografia ideata sulle note di “Break the Chain”, inno ufficiale dell’iniziativa. Una danza gioiosa lanciata da Eva Ensler, autrice dei celeberrimi “Monologhi della vagina”, tradotti in 35 lingue. Flash mob è sinonimo di folla, spazio pubblico, tempo breve. Un gruppo di persone si riunisce in uno o più luoghi, per dimostrare qualcosa e poi dissolversi. Gli ingredienti necessari a mettere in atto questa nuova modalità di lotta sono le comunicazioni veloci attraverso i social network, gli sms e il web, tutti strumenti che la sinistra dovrà seriamente prendere in considerazione, se non lo ha già fatto. In questa occasione, migliaia di corpi hanno danzato contro la violenza nelle grandi capitali e nelle città normali, nelle zone ricche e in quelle povere, nei paesi in cui i diritti delle donne sono una realtà radicata e in quelli in cui sono ancora una mancanza da colmare. Dovunque è stata grande la partecipazione delle scuole, nel nome di un mondo migliore e a misura di donna e nel ricordo di chi ha perso la vita per colpa della violenza. Rompere le catene si può e “One billion rising” lo ha dimostrato.