al senato Grasso, grazie ai disubbidienti
E non dobbiamo aggiungere niente, al gaudio magno suscitato dalla elezione (anche) di Pietro Grasso alla presidenza del senato? Certo che sì, noi lo conosciamo bene l’ex procuratore generale di Palermo, magistrato che, da quando era giudice al maxi processo, ha continuato ad agire avendo sempre come faro l’insegnamento di Giovanni Falcone. Sarà gioia effimera, come per la nomina di Boldrini di cui abbiamo detto temendo la brevità del governo che non c’è, sarà consolatorio lasciar temere che l’ombra di una “occupazione militare” di sinistra si aggiri per le aule parlamentari italiane, sarà utopia pura ritenere irrinunciabile la rotta tracciata da un Transatlantico – in senso vero e figurato – che ha imbarcato gente nuova e determinata a dare un taglio con l’aborrita “vecchia politica” e relativi politicanti.
E proprio da qui sgorga la domanda che in tanti si sono fatta: come avrebbero risposto ai loro elettori, e soprattutto alla loro coscienza, i “cittadini” del M5s se, alla presidenza del senato, avessero fatto prevalere il “vecchio” Schifani nel ballottaggio con Grasso, solo per mantenere fede al “principio” astratto di non appoggiare “i partiti collusi con la vecchia gestione che ha portato il paese alla rovina” e bla bla bla? E non vorrei neppure essere nei panni del capogruppo cinquestelle al senato, il palermitano Vito Crimi, molto probabilmente depositario di scheda bianca per correttezza di ruolo ma certamente combattuto e spaventato all’ipotesi dell’altro palermitano vittorioso, lo Schifani che nessuno con un minimo di coscienza civica, senza neppure essere grillino, potrebbe assimilare a Grasso nella formuletta stantia “tanto sono tutti uguali”. Uno per tutti, dei numerosi commenti su Twitter, dà la misura della trappola che dovevano schivare: “voi del M5s state con chi ha fatto il lodo per l’immunità di B. o con chi ha combattuto la mafia?”, ecco cosa c’era in ballo.
Ora assisteremo al “processo”, già annunciato con furore dal guru ma pure dai duri e puri che allignano nel movimento, a quella decina di senatori disubbidienti che, piuttosto che avere sulla coscienza una vittoria della destra che ben conoscono anche loro, innegabilmente, hanno trasgredito al diktat della scheda bianca appoggiando il candidato della altrettanto odiata sinistra, ma sul cui nome non avrebbero potuto opporre un veto giustificato da “fatti conclamati” proprio perché, come loro, “nuovo e incontaminato”. Anche nel caso di Grasso, se pure il suo affacciarsi alla scena politica dalla presidenza del senato durerà lo spazio di un mattino, ne sarà valsa la pena. E i cittadini senatori trasgressivi, per i quali chiediamo clemenza alla giuria, ne avranno merito e (nostra) imperitura riconoscenza.