è accaduto, accade
Una notizia, poco più di un mese fa riportata dai media e, come tante altre, rapidamente dimenticata: a Dakha, in Bangladesh, sette donne, tra cui quattro ragazze minorenni, sono morte in un incendio all’interno di una fabbrica tessile, a causa dei bassi standard di sicurezza: calpestate nella calca, non sono riuscite a mettersi in salvo. Nulla di particolarmente strano: nella stessa città, nel novembre 2012, sono morte così, in un altro incendio, centoventi persone, in gran parte donne. Le famiglie riceveranno dal governo, come risarcimento, una somma pari a 186 euro per ciascuna vittima. Accade, nei paesi della delocalizzazione, dove le imprese occidentali, con un gioco di appalti e subappalti, sfruttano manodopera a basso costo. E quando accade, l’impresa, anzi il “brand” di turno si affretta a rompere i contratti coi partner “distratti” ed a stipularne di nuovi, assicurando l’opinione pubblica occidentale di aver controllato, stavolta, il rispetto dei diritti dei lavoratori. Ma questi eventi, chissà come, si ripetono…
E la memoria torna a quell’incendio di più di un secolo fa in una fabbrica tessile di New York, nel quale tante donne morirono dietro porte sbarrate, la cui commemorazione, secondo alcuni, ha dato origine alla Giornata Internazionale della Donna. Dopo tanto tempo, ancora violenza e sfruttamento, dove fragilità economica e discriminazione di genere si incontrano: lontano dai diritti, più fragili ormai ovunque, e fuori dalle conquiste, dalla fatica di un percorso che sembrava acquisito, conquistato, e invece no: perché se non lo è per tutte, non lo è per nessuna. Ma, mentre ci chiediamo quali azioni, quali vie siano possibili per il cambiamento, continuiamo a indossare le magliette che loro cuciono.