l’amore ai tempi di Wilde, e ora

16 marzo 2013 di: Stefania Di Filippo

Viviamo in un mondo che elogia l’amore nelle canzoni, che lo descrive in bigliettini che ricoprono cioccolatini, che dice a voce alta che la guerra è ingiusta e che viviamo in un mondo crudele; ma questo mondo è lo stesso, che nella maggior parte dei casi, elogia l’amore solo quando e se è tra due persone di sesso differente. Viviamo in un mondo pieno di scoperte tecnologiche e scientifiche, dove ci si può vedere su skype e parlare su facebook, dove non puoi perderti perché il gps è in quasi tutti i telefoni, ormai, ma per alcuni aspetti è un mondo che è rimasto ancora al 1897, anno in cui Oscar Wilde era rinchiuso nella prigione di Reading accusato di sodomia, accusato, cioè, di essere omosessuale, accusato semplicemente di amare qualcuno. Wilde scrive il “De Profundis” durante la sua prigionia, scrive una lettera di cinquantamila parole, cinquantamila parole nelle quali descrive il suo amore per un ragazzo, Alfred Douglas “Boisie”, ed espone come l’ha portato alla rovina l’amore, a prescindere se sia per un uomo o una donna, poiché le sofferenze non cambiano e restano le stesse a prescindere da tutti, e sfortunatamente, anche dai secoli. Se qualcuno leggesse questo aperto, profondo, e sincero sfogo potrebbe capirne la forza travolgente, potrebbe sentirsi più vicino a ciò che ci hanno insegnato a vedere come lontano, come qualcosa che non ci appartiene, una lettera, la più lunga mai stata scritta al mondo, un uomo, un amore disastroso, un secolo buio contrapposto al nostro, un mondo in cui fortunatamente non vieni più rinchiuso in carcere per questo, anche se fino a qualche anno fa non era così in America. Un mondo che, forse, dovrebbe capire che il grado di sviluppo di una nazione non si vede dall’ultima tecnologia, se poi non si possono vedere due ragazzi passeggiare mano nella mano.

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