tengo compagnia

3 marzo 2013 di: Clara Margani

Mi è rimasta sempre nella memoria una storiella raccontata da Vittorio De Sica durante una trasmissione di Studio Uno, quando ero un’adolescente. Il regista raccontò di aver perso una volta il treno e di essere stato costretto ad aspettare il successivo nella sala d’aspetto della stazione centrale di Napoli. Qui un signore che gli sedeva accanto, aveva incominciato a parlare con lui in maniera garbata e simpatica del più e del meno e così aveva trascorso piacevolmente l’ora di attesa. Al momento di salutare De Sica si era sentito domandare dal simpatico signore: “Allora, quanto mi date?”. Alla reazione di sorpresa di De Sica quello aveva dignitosamente risposto: “Eh sì, mi dovete pagare. Io questo faccio di mestiere, tengo compagnia”.

Ogni volta che penso a questa storiella mi vengono in mente alcune riflessioni: la fame aguzza l’ingegno; l’uomo è un essere creativo e pieno di risorse e inventarsi un lavoro è una capacità straordinaria che sempre di più si sta diffondendo nella nostra situazione attuale, ma era presente anche in quella passata; chi svolge l’attività di intrattenitore è convinto di esercitare un’azione utile socialmente agli altri e personalmente a se stesso; la solitudine di una vita basata su ritmi e valori frenetici, necessita di momenti di sosta in cui qualcuno si occupi di dilatare tempi e modi; sempre più abbiamo bisogno, come quando eravamo bambini, che qualcuno ci faccia passare il tempo e si carichi o prometta di caricarsi delle noiose responsabilità; gli intrattenitori possono essere suadenti o aggressivi ma entrambi hanno la capacità e lo scopo di catturare la nostra attenzione come singoli e come massa; chi riesce a intrattenere gli altri esercita su di loro un’azione benefica che alcuni pretendono gli ritorni in termini di potere e/o di denaro; gli intrattenitori hanno bisogno di trasformare gli altri in semplici spettatori, anche se al posto del biglietto esibiscono la tessera elettorale. D’altra parte, come dice la favola, il lupo cattivo non intratteneva Cappuccetto Rosso nel bosco prima di mangiarla?

4 commenti su questo articolo:

  1. silvia scrive:

    Una volta la capacità di intrattenere piacevolmente gli ospiti era considerata una vera e propria arte, squisitamente femminile. Era considerato auspicabile mantenere un tono di conversazione affabile e cortese, riservando spazio soprattutto all’ascolto. Con la modernità ci siamo dimenticati della buona educazione dei tempi passati, che quasi rimpiango. Oggi mi pare che ognuno tenda piuttosto a gridare le proprie idee, ragioni e convinzioni, prevaricando l’altro…in un dialogo che è solo tra sordi. “Che orecchie grandi che hai, nonna!” . “E’ per sentirti meglio…!” la risposta ingannevole e fraudolenta del lupo cattivo.

  2. rita scrive:

    E’ bello ricordarsi e ricordare a tutti che momenti di serenità ci aiutano a vivere, e anche chi si arrangia a farci sentire
    un pò di musica per strada merita una monetina da parte di chi può permetterselo, perché tutti si goda qualcosa.

    • gemma scrive:

      L’intrattenitore può essere un piacevole conversatore. L’intrattenitore, di solito, è un artista più o meno preparato ma stipendiato, insomma un personaggio del mondo dello spettacolo che sa attrarre, interessare e divertire il pubblico.
      E io pago…..pago il canone, pago le tasse, pago di più i prodotti pubblicizzati nelle TV senza canone….
      Anch’io trovo meno fraudolento l’artista di strada che non pretende il pagamento per la sua estemporanea prestazione che merita una dignitosa monetina pe un panino o un caffè

  3. terry scrive:

    Trovo divertente questo articolo perchè con garbo ricorda chi parla, parla nelle nostre orecchie senza pietà, per poi portarci verso le peggiori condizioni sociali che si possano avere, Bersani forse è un galantuomo ma vive di proverbi Berlusconi è inaffidabile ma Grillo?

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