domande con la morte dentro

18 aprile 2013 di: Silvana Fernandez

Sono contenta, no, che dico mi pervade una certa tristezza. Sono euforica, ma no malinconica! Sono piena di fiducia per quest’Italia. No, no, sono desolata del suo governo, ma se… il governo, non c’è! Queste frasi non sono così buttate là per fare effetto o ancor peggio sotto l’effetto dell’alcool. Vogliono essere una vaga rappresentazione dei pensieri, delle emozioni della popolazione di Taranto che domenica è stata chiamata dallo Stato perché, attraverso l’urna, rispondesse a questa domanda «Vuoi lavorare o vuoi vivere in salute?». Siamo pratici, questo è il dilemma che con il referendum è stato chiesto ai tarantini di risolvere. Per chi ancora non sapesse o non avesse capito bene la faccenda, vi assicuro che la domanda non è stata posta da un qualche conduttore di talk show buontempone, ma proprio da quelle istituzioni che dovrebbero risolvere simili problemi, dietro cui uomini e donne potrebbero perdersi e che in ogni caso non hanno la competenza per risolverli. Sarebbe sufficiente, se le cose d’ora in poi dovessero andare così, eliminare: il governo, la magistratura e istituzione in genere e rispolverare, invece, quel vecchio gioco che imperversò nei salotti negli anni in cui si era quasi tutti craxiani alla ricerca della felicità e dei soldi, anzi furono proprio questi gli anni in cui le due cose si identificarono. Il gioco si chiamava “La torre”. Era un gioco che nelle famose cene in piedi (anche questa prerogativa di quel periodo) passava di bocca in bocca, da risata a risata. Faccio un esempio “se ti trovassi su una torre” diceva il capo gioco “con la Cialis Online Woolf e la Maraini, essendo costretto/a a buttare giù una di loro, chi butteresti?” Fin qua era abbastanza idiota, ma magari ne poteva venir fuori una discussione letteraria dimostrando che, nonostante il periodo “Cafonal” fosse già alle porte, si avevano gusti a certi livelli. Il gioco con il passare del tempo si fece cattivo, le domande rabbrividenti, “Butteresti giù tua madre o tuo padre?” o, sempre peggio, “tua moglie o tuo figlio”. Si finiva senza risposte con gridolini rivolti al conduttore “Sei terribile, sei feroce”. E si lasciavano i partecipanti a risolvere la loro verità, con l’ultimo bicchiere di whisky o con una gran risata. Tre giorni fa, a Taranto, nessuno ha parlato di gioco. La domanda è stata estrema, non c’èra più l’aria festante delle allegre cene di un tempo, ricche di cibo e di profumi francesi che il decoltè delle donne generosamente emanavano, ora è l’Ilva a emanare effluvi mortali. Adesso nessuno ride. I tarantini, come nel vecchio gioco, quando si faceva crudele, hanno scelto di non scegliere. E’ in ogni caso è una scelta giusta, forse a parte la brutalità del dilemma la popolazione avrà pure pensato figuriamoci se anche vincessero i “Si” se il sindaco, responsabile sanitario della città, correrebbe ad emettere un documento di chiusura della fabbrica. La famiglia Riva in un’intercettazione telefonica proponeva, proprio al primo cittadino, di fare il referendum il più tardi possibile. Infatti, nessuno si è affrettato, i partiti hanno fatto come Ponzio Pilato e si sono lavate le mani, ma sarà difficile che con tutte queste morti se le sentano pulite pulite.

6 commenti su questo articolo:

  1. M.C scrive:

    Ogni giorno a ciascuno di noi si ripropone questo vecchio gioco che anche due anni fa la Bignardi faceva ai suoi intervistati, mangiare questa minestra buttarsi dalla finestra? Ora il più attuale e prendere una minestra avvelenata o buttarsi da una finestra spalancata?

  2. Beatrice scrive:

    Ieri ho camminato per Palermo, fra poco sommersi dall’immondizia, anche noi dovremo scegliere fra una vita decente o l’emigrazione in massa.

  3. Ornella Papitto scrive:

    Si chiama “paradosso”. La scelta è tra due risposte, entrambe negative per chi risponde. Non c’è via di scampo: o si muore di fame o per malattia.
    I tarantini non hanno risposto, ma non sono usciti dal paradosso! Sono ancora lì, prigionieri e bloccati dagli interessi forti, politici ed economici. Devono cercare una via d’uscita dal paradosso: solo loro possono farlo. Solo da loro può venire la soluzione.

  4. Silvana scrive:

    Cara Ornella, pensare che le risposte tocca darle ai tarantini è come dire che un malato è colpa sua se non guarisce, allora la nazione, lo stato sono parole senza senso se poi al momento dell’impellente decisione o del bisogno vero, si da l’incarico ai cittadini o al singolo.

  5. Aldo Torre scrive:

    I cittadini ( termine che fa tanto rivoluzione francese) non hanno il compito di decidere sulla salute pubblica e sul bene comune dunque è follia dire come la Papitto che toccava ai tarantini, quando si è trattato di dare le giuste licenze alla famiglia Riva e di fare i giusti controlli chi se ne occupava era lo stato cioè quelli chi i cittadini avevano delegato! Nessuno ha fatto niente. Ora tocca tocca a chi abita a Taranto per sua disgrazia.?

  6. Ornella Papitto scrive:

    Cari Silvana e Aldo, i cittadini hanno lo strumento del voto, ecco l’uscita dal paradosso. Spesso non viene usato a proprio favore. Non so come lo abbiano usato fino ad ora, non sono informata abbastanza. Hanno votato chi li avrebbe difesi meglio? Oppure no? Hanno controllato le loro azioni? Mi piacerebbe che qualcuna/o di Taranto potesse aggiungere qualcosa grazie alla riflessione di Silvana.
    Riprendiamoci il voto. Non sprechiamolo per usarlo come strumento di protesta. Abbiamo bisogno di persone raziocinanti non di arrabbiati obnubilati.

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