una nonna argentina scrive al Papa

8 aprile 2013 di: Sonia Herminia Torres

Riportiamo questa lettera aperta al Papa da una Nonna di Plaza de Mayo

«Molto rispettato Francesco,

Il mio nome è Sonia Herminia Torres e sono una delle tante Nonne di Plaza de Mayo dell’Argentina. Abito a Cordoba e scrivo questa lettera in questa data perché il 26 marzo di 37 anni fa la mia vita cambiò in maniera repentina e definitiva. Quella data divise la mia vita in due. Un 26 marzo, esattamente 37 anni fa, i militari della dittatura più atroce che abbia mai sopportato il nostro paese, portarono via per sempre mia figlia, Silvina Monica Parodi, incinta di sei mesi e mezzo, e suo marito, Daniel Francisco Orozco. Lei aveva soltanto 20 anni, lui 23. Tutta la famiglia aspettava con amore e gioia l’arrivo del bambino. Da quel pomeriggio del 26 marzo 1976 non ho mai smesso di cercarli. So per certo che Silvina ha avuto il figlio in reclusione tra gli ultimi giorni di giugno e i primi di luglio di quell’anno terribile. Ho saputo anche che era un maschio e che fu separato dalla madre e da tutta la famiglia alla sua nascita.

Come tanti altri figli di madri imprigionate, i militari disposero di lui come di un oggetto, consegnandolo a un’altra famiglia e condannandolo a camminare al buio nella vita senza conoscere la sua origine biologica e senza sapere che questa nonna e la sua famiglia lo amano e lo hanno cercato instancabilmente e che lo cercano ancora. Mi creda Eccellentissimo Francesco, la sparizione forzata di questi esseri tanto amati è diventato un dolore indescrivibile che da allora non mi ha mai lasciato. Ho ormai 83 anni, ma ogni giorno mi alzo con la speranza di ritrovare mio nipote e che lui bussi alla mia porta e mi dica: “Ciao nonna, eccomi qua!” Non vorrei andare via senza aver visto il suo volto. Senza poter ricreare nei suoi gesti quelli dei suoi genitori, i miei figli, che da quelle foto in bianco e nero, che noi Nonne portiamo sempre nelle nostre tasche, ci guardano. Perché, sospesi nel tempo, i loro sguardi sono una preghiera, così come quel nostro marciare senza riposo.

Il Suo arrivo al Vaticano, Francesco, ha rinnovato le speranze su tutto quello che può l’immenso potere di Dio e della sua Chiesa. È per questo che mi rivolgo a Lei, come massimo rappresentante della Chiesa, per chiederle che agisca su coloro che hanno una conoscenza diretta dei luoghi dove sono i nostri nipoti e ci dicano a chi li hanno consegnati e dove hanno sepolto i nostri figli. Sono convinta che Lei, in questo momento storico irripetibile, può interpellare le loro coscienze perché riparino in qualche modo al danno che hanno causato. Dopo anni di tristezza e svilimento che hanno lasciato solchi profondi nella mia vita, depongo la mia speranza in Lei, Santo Padre. Ormai non mi resta molto tempo. Vorrei pregarla che prima del mio viaggio finale mi aiuti a incontrare mio nipote perché insieme possiamo portare un fiore ai suoi genitori, e per raccontargli la sua storia e la mia e unirci poi nell’abbraccio eterno che soltanto l’amore concede. Confido nel Suo cuore e nella Sua intelligenza e nel nuovo posto che Dio ha scelto per la Sua vita. So che per Dio nulla è impossibile e che dalla Sua mano si potrebbe avere quello cui aneliamo noi le Nonne della Plaza de Mayo. È questa certezza ciò che mi ha spinto a scriverle dal mio umile ruolo di madre e nonna.

Con tutto il mio rispetto e con grande speranza Le invio i miei migliori auguri per la sua trascendente missione».

Sonia Herminia Torres – Nonne di Plaza de Mayo – Filiale Cordoba

1 commento su questo articolo:

  1. Ornella Papitto scrive:

    Accorata come la disperazione. È inutile credere ancora ai miracoli: Papa Francesco non lo farà. Si preoccupa delle conseguenze psicologiche di chi è stato sottratto barbaramente e di chi ha barbaramente accolto. Gli è richiesto un coraggio, una umanità che non credo proprio che abbia. È simpatico, umanizzato, ma alle madri e alle nonne di Plaza de Mayo, non basta. Vorrei coltivare la speranza e potermi ricredere.

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