la sedia vuota
Il luogo non è la casa di Porta Romana a Milano, né un palcoscenico italiano o internazionale, ma la sala riunioni della Libera Università di Alcatraz, situata nella campagna tra Gubbio e Perugia. Il pubblico è formato dai partecipanti al seminario “La voce narrante”, tenuto da Stefano Benni e Umberto Petrin. Ad un certo punto della serata arrivano due anziani coniugi, la donna al braccio del figlio e si siedono tra il pubblico. L’uomo è alto, appesantito dall’età e un po’ curvo, ma i suoi occhi sono vivissimi e saettanti; la donna è fragile, ha il passo incerto, ma la sua bellezza, solo sfiorata dal tempo, persiste dentro un abito luminoso; gli occhi sono protetti da grandi lenti scure e il sorriso che rivolge ai vicini di posto è affascinante. Un affettuoso applauso commenta il loro arrivo. Su invito di Stefano Benni l’uomo si siede su una sedia al centro della sala e comincia a fabulare di contadini, donne e mucche con un suo personale linguaggio, alla fine invita la donna ad avvicendarsi, ma lei è incerta (pare non sia stata bene il giorno prima), dice che non se la sente; il marito e il figlio la sollecitano affettuosamente, tutti i presenti gridano ritmicamente il suo nome e alla fine prende posto sulla stessa sedia del marito e appena questo accade si trasforma magicamente e recita uno dei suoi cavalli, non a caso, di battaglia sull’orgasmo femminile simulato. Scompare la fragilità, l’incertezza, la debolezza fisica, l’avanzare dell’età; la donna e l’attrice fin dalla nascita si danno il cambio davanti al pubblico e proclamano con dignità e fermezza grandi verità, mettono il mestiere al servizio delle idee, commuovono e indignano. Questo accadeva tre anni fa e ora che Franca Rame è morta e ha lasciato quella sedia vuota per sempre e Dario Fo non potrà più chiederle di recitare con, dopo, prima di lui, io penso a quanto mancheranno alle donne e agli uomini del nostro paese la sua voce inconfondibile, la profondità delle sue convinzioni, le sue lotte civili e la bellezza del suo passaggio nelle nostre vite.
ci rimane la memoria delle sue performance, delle sue battaglie, che altre continueranno, prima o poi, a mostrare.
trovo che ci sia stato un grande equilibrio nella coppia Franca Rame – Dario Fo
come tutte le coppie hanno attraversato qualche momento “difficile” ma lo hanno superato
con grande stima, affetto e rispetto reciproco, sapendosi relazionare l’uno rispetto all’altro
senza inutili guerre di genere, senza sfide, coltivando e sviluppando ciascuno il proprio talento
Bell’omaggio nel tono e nel contenuto.Sarebbe di conforto anche “al suo tutto” ed a Iacopo.
Una maniera intimista e leggera per rappresentare una morte che produce in noi sentimenti forti e di gran rimpianto
Voleva qualcosa di rosso
Rosso come amore, come vita,come impegno, come partecipazione. Le donne hanno capito ed hanno risposto.
Ho conosciuto Franca Rame in gioventù ,ero in mobilitazione continua ,con tante compagne lottavo per ottenere diritti e dignità.Per ascoltarla ci ritrovammo nel Salone delle Zitelle a San Michele a Ripa ( la sede dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione)
Il monologo sullo stupro subito ci ammutolì. Ci sentivamo un po’ vigliacche ,ci voleva molto coraggio.
La sua voce poteva dare voce. Oggi siamo ancora vittime ma tante parlano.,si ribellano
Grazie Franca