Maternit

24 maggio 2013 di: Elena Ciofalo

Una donna con un tormentato passato con la madre torna a Torino dopo una vita trascorsa in Francia per ripercorrere il suo dramma familiare, una ragazza giovane e sfuggente soffre per un incolmabile distacco col proprio bambino appena nato. Le due donne forti e afflitte si incontrano e scontrano in un percorso di rimandi che porterà all’accettazione della maternità, evento non così semplice come si potrebbe immaginare.

La regista Alina Marazzi in “Tutto parla di te” orchestra un gioco di contaminazioni visuali (fiction, documentario, Super 8, fotografie, danza, interviste, stop-motion) che vince il premio Camera d’Oro per miglior regista emergente allo scorso Festival del film di Roma del 2012.

La Marazzi, che nella vita personale è madre di due bambini e figlia tormentata, in questo film si concentra sulla quotidianità delle protagoniste. Si tratta di Pauline, interpretata da una superba Charlotte Rampling che nasconde nei suoi occhi un abisso di emozioni, ed Emma, interpretata da un’attrice piemontese emergente, Elena Radonicich, i cui occhi sono capaci di sostenere quelli della Rampling.

I tempi sono riflessivi e i dialoghi scarni, ma il percorso è fluido e a condurci sono i dialoghi intimi delle interviste di donne che parlano del rapporto difficile con i loro bambini. Non sempre infatti la maternità è sinonimo di gioie e realizzazioni, a volte la depressione post partum si estende in depressioni che rischiano di trascinare in “tunnel neri” le madri colpite. È il caso di Emma, che tenta di comunicare al suo bambino con cui invece non sente un legame, confessando addirittura “ho cercato di strapparti fuori da me per poter vivere una vita solo mia senza il segno della tua presenza”.

Se spesso le interviste, che la Marazzi raccoglie con un lavoro d’archivio attento e sensibile, raccontano di gesti senza ottimismo, l’intreccio finzionale della pellicola conduce ad un messaggio di speranza, per cui Pauline trova nella giovane e tormentata Emma la madre che non ha mai avuto, rendendola consapevole e pronta a percorrere un viaggio col suo bambino che non la priverà della sua individualità ma semplicemente la arricchirà. Come capisce infatti Emma alla fine, “io sono io e posso continuare ad esserlo con lui al mio fianco”.

Tra immagini di Torino antiche e nuove, e mamme odierne e passate, capiamo che la maternità è una condizione senza tempo e spazio, capace di fare vibrare chi è stata madre, o figlia. Sulla maternità studiata dalla Marazzi resta così tanto da dire che il lungometraggio ha dato vita ad un progetto multimediale, http://tuttoparladivoi.ilfattoquotidiano.it/, in cui sono raccolte tante storie di mamme tormentate, che può costituire una guida senza tempo per ogni donna che la maternità l’ha affrontata o la affronterà nel suo futuro.

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