rapporti tra il presente e le storie di Giuliana Saladino
Trascriviamo il contributo di uno degli studenti che hanno dato vita alla bella manifestazione del 6-7 maggio u.s., “Incanto e disincanto, una rilettura di Giuliana Saladino”, organizzata dall’Istituto Gramsci e da Mezzocielo. Alla organizzazione hanno collaborato, con grande impegno, il Liceo classico Meli, il Liceo classico europeo Maria Adelaide, il Liceo scientifico Galilei e la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo. Le giornate si sono chiuse con un bel video di Letizia Battaglia.
«Giuliana, con le sue interviste a donne palermitane vittime e non della mafia, fa emergere una sicilianità femminile attraverso un percorso storico e culturale testimoniato dalle scelte di vita di queste donne, che indicano la voglia di riscatto morale e sociale.
La lettura degli scritti sulla questione femminile, per noi ha costituito una retrospettiva alla luce della quale abbiamo meglio compreso il prezzo di lotta e di sofferenza che le nostre nonne e mamme hanno dovuto pagare per consegnare a noi una condizione di maggiore parità tra i sessi. Ci rendiamo conto però che resta ancora molta strada da fare, per il riconoscimento della dignità e della stima che le donne di Giuliana Saladino tanto desideravano fossero loro riconosciute.
Viene spontaneo chiedersi: si sono avverate le loro aspettative ai giorni nostri? I cliché e i pregiudizi di sessanta anni fa continuano a persistere o sono finalmente cessati?
Sicuramente l’analfabetismo della donna possiamo dire che sia stato eliminato, e un’altra vittoria molto importante è stata l’ascesa della donna alle cariche istituzionali e ai ruoli di grande rilievo socio-culturale. Ormai è un dato di fatto che la donna non è più solamente la “donna di casa” ma anzi, come elemento fondante del nostro sistema produttivo, la donna è presente in ogni campo. Ma noi uomini abbiamo accettato di riconoscere la diversità delle donne come una risorsa con la quale imparare a relazionarci?
Pensiamo che non sia più un problema di cultura siciliana, ma italiana. Lo dimostra l’uso della lingua italiana in cui si esprimono anche i mezzi di comunicazione, compiendo gravi e ricorrenti errori grammaticali e sintattici utilizzando il genere maschile quando si parla di donne; anche questa ci sembra che sia una forma di violenza sottile ma grave perché non ce ne rendiamo neppure conto, come accadeva negli anni ottanta quando, dovendo raccogliere notizie di cronaca per la rubrica settimanale della Rai, “La donna nelle cronache siciliane”, Giuliana scrive: «274 notizie su 284 vanno sotto il segno della violenza civile sociale pubblica familiare e coniugale, senza che si distingua più tra cronaca nera e cronaca bianca», così la giornalista denuncia una sorta di assuefazione alla violenza contro le donne a cui anche il giornalismo si era adeguato. Forse da allora non è cambiato molto!»
(Liceo Galilei Palermo, docente prof. Stefania Macaluso)
“Ma noi uomini abbiamo accettato di riconoscere la diversità delle donne come una risorsa con la quale imparare a relazionarci?”
Giovane uomo che ti poni una domanda tale, abbi un po’ di pazienza con me. Sono anziana e spero che tu non me ne voglia.
La tua insegnante ti guiderà e ti farà notare come la centralità dell’essere sia ancora concentrata sul genere maschile: l’uomo che cerca di riconoscere la donna. La donna, non soggetto alla pari, ma ancora oggetto di riconoscimento da parte dell’uomo.
E inoltre la visione della donna come “risorsa” e non come entità a sé, nel bene e nel male, come vi considerate tra voi uomini, non aggiunge al nostro essere donna, ma ci toglie la “pari dignità”.
È reale ciò che scrivi: non è facile relazionarsi con le donne, quelle vere, quelle donne che non accettano passivamente di considerarsi “figlie di un dio minore”. Questa è la nostra forza, quindi la vostra debolezza.
Quando finirà, non avrà più senso fare distinzioni di sesso.