un leader per la crisi

11 maggio 2013 di: Daria Dangelo

In un momento di crisi dell’azienda in cui lavoro, una collega alzò la mano e disse: «siamo tutti confusi e disorientati, siamo disorganizzati perché ci manca un leader». Ho spesso associato quest’immagine all’azienda Italia, disorientata e senza un vero “leader”. Chi è, per definizione, un leader e cosa deve fare nei momenti di crisi? Deve essere direttivo, deve indicare la direzione per attuare un cambiamento, visionario quanto basta, nel senso di avere una visione nuova da indicare, e farlo con chiarezza. Il leader deve cercare di appianare le divergenze di un gruppo, deve essere democratico per ricevere e accettare input dalle persone che stima e confrontarsi con loro. Deve aiutare a migliorare le attività e creare positività nel lungo periodo. In un solo concetto, un leader deve “anche” guardare la gente, parlare alla gente, collaborare e prendersi carico dei problemi della gente, cercare, come priorità, una soluzione per migliorarne le condizioni di vita in un periodo di crisi. In questo momento è l’esempio, più di ogni altra mossa, che può arrivare alla gente, perché è ormai stanca di parole e promesse, ma anche stanca di “crisi”.

Purtroppo è proprio l’esempio che non arriva, la direzione di rigore e onestà praticata in prima persona, che la gente aspetta ancora da quando, da cittadini onesti, ha iniziato a fare “sacrifici”. Ci si aspetta che i nostri governanti, invece di stare con lo sguardo fisso all’Europa si rivolgano, da veri leader, al loro paese, alla gente. L’Italia è fatta da persone che si stanno sacrificando, ma perché non sia vano, hanno bisogno di vedere che il proprio leader ceda alla rinunzia di quei privilegi che impediscono la visione della realtà e gli rendono incomprensibile la situazione reale dell’Italia. Senza distogliere lo sguardo dall’Europa, si deve iniziare a motivare, ad accendere la voglia di dare il meglio per risvegliare il meglio che è in ogni cittadino, senza incitare alla rivolta. Un leader deve gestire le emozioni distruttive e incentivare quelle costruttive, deve portare alla risonanza e abbattere i motivi di dissonanza. Non pretendiamo che le cose cambino, se facciamo sempre la stessa cosa, non aspettiamo che la crisi passi se non facciamo qualcosa per superarla.

Non attribuiamo solo alla crisi insuccessi e disagi. La vera crisi è quella dell’incompetenza. Il pensiero della convenienza personale e l’ansia di restare aggrappato alla propria poltrona senza fare niente, allontanano il Paese da ogni via d’uscita e portano al default. Parlare della crisi non deve significare promuoverla a “status” quando è solo uno status degli altri, soprattutto in un momento in cui, l ’unica crisi che ci minaccia, è la tragica possibilità di un governo che non lotti abbastanza per superarla.

1 commento su questo articolo:

  1. Agnese scrive:

    finalmente un discorso che mi piace, noi cittadini abbiamo delegato con le elezioni gente che fosse capace di non portare il paese in una crisi… siamo in piena crisi, dunque cosa facciamo deleghiamo sempre sempre gli stessi per uscire dalla crisi.E’ come diceva Dario Fo un mistero buffo!

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