il racconto di Turi, fra i NoMuos di Comiso

17 giugno 2013 di: Marcella Geraci

Pacifisti ed arrabbiati, mamme e ragazze, anziani signori e bambini, persone di tutte le età, di entrambi i sessi e dalle differenti estrazioni sociali. Il movimento No Muos è un pentolone che bolle e forse l’assenza dei partiti politici si fa notare anche per questo. Se la politica istituzionale potrebbe e dovrebbe fare di più, ognuno protesta come può e porta nel movimento la ricchezza e i limiti della propria vita, confrontandosi con gli altri sulle macerie delle ideologie e di ogni visione generale delle cose. Gli anni non sono più quelli di Comiso e l’aspetto legato ai danni delle onde elettromagnetiche prevale su tutto, anche sul rischio di avallare le politiche di guerra degli Stati Uniti, argomento che passa in secondo piano rispetto alla possibilità di contrarre tumori. Il movimento però contiene storie di ieri e di oggi, vecchie militanze e schegge di un pacifismo che qualche frutto lo ha raccolto. Turi Vaccaro è l’uomo che, insieme a Nicola Arboscelli e ad altre attiviste, si è reso protagonista del blitz alla base militare americana di Contrada Ulmo, salendo su una delle antenne. Quando lo intervisto, Turi indossa solo un paio di pantaloncini, cammina scalzo e ha tra le mani il suo inseparabile flauto. Qualcuno potrebbe pensare che i suoi sessant’anni Pay Day Loans siano troppi per il gesto che ha compiuto ma la sua storia si perde nella foschia torinese dell’industria pesante. Turi è stato infatti licenziato dalla Fiat a 32 anni, nel 1982, dopo anni di lavoro e attività sindacale nella Cisl. In quegli anni frequenta l’ambiente dei preti operai, “da giovane ero un conservatore allevato nella scuola di Don Bosco” dice di sé. Già allora inizia a sviluppare un radicalismo che lo porterà alle marce della pace di Comiso e a girare l’Italia a piedi, fino ad agire contro gli aerei militari in Olanda ed agli ultimi gesti contro il Muos di Niscemi.

La sua prima famiglia, tre fratelli e quattro sorelle, una madre casalinga e un padre morto di silicosi, “di fabbrica” dice. La seconda: una compagna e una figlia, nata negli anni Novanta. Le sue iniziative potrebbero apparire ancora più incomprensibili se accostate a quello che Turi si sentiva dire nell’ambiente in cui viveva da giovane, e che tanti si sentono dire nel proprio: “il mondo è sempre stato così e lo sarà sempre”. Ma è proprio questo il motivo che dà il diritto di osare. Se il mondo è sempre stato tragicamente uguale a se stesso, perché non riprendersi la propria libertà? Anche Turi ha allora qualcosa da insegnarci.

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