sistema fiscale, rendita e profitti
Vi sono momenti nella vita di una società, in cui concetti complessi, forse mai capiti fino in fondo, diventano di assoluta evidenza. Gli economisti (dal linguaggio non facile) hanno parlato sempre di rendita e di profitto, sottolineando che bisogna valutarli in modo differenziato. I lavoratori e le loro organizzazioni si sono sempre dichiarati contro l’una e contro l’altro. Però…. però in vari momenti (e questo fu un elemento di divisione non indifferente all’interno della stessa sinistra) ci fu chi sostenne che bisognava colpire la prima, e non ostacolare il secondo: perché il profitto è comunque risultato di attività produttive, che creano lavoro.
Temi abbastanza ostici e che tuttavia, nel conflitto sociale-politico oggi in corso (sia pure coperto dalla ambigua fraseologia sul “bene del paese”, come se questo “bene” non avesse. Si prenda ad esempio la contesa in corso relativa alla revisione del sistema fiscale. Chi mette in primo piano la riduzione del cuneo fiscale ed il pagamento da parte dello Stato dei debiti contratti con le imprese, difende la produzione (e quindi anche i profitti che ne derivano); chi vuole l’abolizione generalizzata dell’Imu (che colpisce la proprietà immobiliare) difende la rendita. Perciò a me sembra giusto esonerare dall’Imu per la prima casa soltanto i percettori di redditi bassi, e mantenerla invece in vigore per tutti gli altri, prima casa compresa ; e contemporaneamente convogliare le disponibilità finanziarie così recuperate, ed altre ancora, alla riduzione del costo del lavoro (abolizione del cuneo fiscale) ed al saldo dei debiti dello stato verso le imprese private. Tra rendite (immobiliari e finanziarie) e profitti (derivanti da attività produttive), sembra giusto – nel’interesse collettivo – privilegiare i secondi.