le scelte di vita di Marlene e Leni

26 agosto 2013 di: Anna Trapani

La storia, la grande Storia, può essere letta, studiata, attraverso varie lenti. Il cinema è una di esse. Proprio per il suo raccontare per immagini è più di altre forme di arte capace di rappresentare la realtà e di prevenire spesso mode e fatti sociali ancora in embrione. Ecco perché mi è particolarmente piaciuto il saggio di Gian Enrico Rusconi, “Marlene e Leni. Seduzione, cinema e politica” edito da Feltrinelli. Rusconi, professore emerito di Scienza Politica presso l’Università di Torino, attraverso la vita e l’opera di queste due donne di spettacolo assolutamente diverse fra loro, esamina un periodo storico ricco di contraddizioni ma anche di arte.

A modo loro Marlene Dietrich e Leni Riefenstahl hanno caratterizzato gli anni precedenti la seconda guerra mondiale e il dopoguerra. Le due si conoscevano e provenivano dallo stesso ambiente sociale, la piccola borghesia tedesca, ma quella che divenne una grande star cinematografica internazionale fu la Dietrich che seppe al momento giusto fare la scelta giusta, cioè andare a lavorare a Hollywood dopo il grande successo di “L’angelo azzurro”. Il regista Josef von Sternberg la plasmò secondo i suoi canoni estetici e nacquero film come “Marocco” del 1930, “Shanghai Express” del 1932 che ebbe tre nomination all’Oscar, “Venere Bionda” (1932), “L’imperatrice Caterina” (1934) e tanti altri pure con diversi grandi registi quali Fritz Lang e Billy Wilder. Ma sulla Dietrich sono stati versati fiumi di parole e qui mi preme solo ricordare che prese la cittadinanza americana e durante la guerra tenne spettacoli canori per le truppe alleate. I suoi compatrioti non glielo perdonarono e nel 1960, quando tornò a Berlino con il suo spettacolo, fu ampiamente contestata. Una scelta di campo, quindi, decisa e coerente.

Sul fronte opposto troviamo una Leni Riefenstahl che, pur collusa con il regime nazista, tentò sempre di accreditarsi come apolitica. Nacque come danzatrice ma ben presto un incidente la costrinse a cambiare strada e divenne così attrice prima e regista dopo. Si fece apprezzare per i film di montagna molto in auge allora perché mostravano una gioventù sana, robusta e in sintonia con l’armonia della natura. Insomma la vera gioventù ariana. Ma la fama e la stima del Fuhrer arrivarono con i noti film documentari “La vittoria della fede” e “Il trionfo della volontà”. Il primo è del 1933; il secondo del 1934 e presenta il raduno del partito nazional socialista a Norimberga. Godeva dell’appoggio incondizionato di Hitler e ciò le permise di evitare i giudizi poco benevoli di Goebbels, il potente ministro della Propaganda. Appare, perciò, chiaro alla luce della sua filmografia che non c’è apoliticità nel suo lavoro bensì vera collusione con il regime. E la sua consacrazione è il film documentario “Olympia” sulle Olimpiadi svoltesi a Berlino nel 1936. Rimane un vero capolavoro della cinematografia sportiva. Per amor di cronaca va detto che la Riefenstahl uscì prosciolta da quattro procedimenti giudiziari aperti nel dopoguerra contro di lei. Questo le permise di riciclarsi come fotografa e regista di film sulle civiltà primitive e la natura selvaggia. La Riefenstahl è stata un’ ottima professionista, che ha saputo sfruttare la simpatia e l’appoggio di Hitler per godere di finanziamenti cospicui per le sue opere. Chissà che piega avrebbe preso la sua vita e la sua carriera se anche lei avesse accettato l’invito di Josef von Sternberg ad andare in America. Un libro di nicchia, una lettura per nulla balneare, ma sicuramente una pubblicazione che ci fa conoscere maggiormente due donne che nel secolo scorso hanno saputo lasciare una loro impronta.

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