il lascito di Rocco Chinnici

22 settembre 2013 di: Marcella Geraci

Sono trascorsi circa trent’anni da quel 29 luglio del 1983, giorno in cui Rocco Chinnici perse la vita insieme al maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, all’appuntato Salvatore Bartolotta e al portiere Stefano Li Sacchi. Una 126 verde, imbottita di tritolo, davanti casa, il boato dell’esplosione e la presa d’atto di una sconfitta, quella dello Stato messo in ginocchio, ancora una volta, da Cosa Nostra. A distanza di anni, l’attentato di Via Pipitone Federico continua a provocare il boato delle coscienze dei siciliani che ricordano il grande impegno del magistrato, prima isolato dallo Stato e poi ucciso dalla mafia, e la sua capacità anticipatrice nella comprensione dei fenomeni mafiosi.

L’occasione per ricordare è la presentazione del volume “Così non si può vivere. Rocco Chinnici: la storia mai raccontata del giudice che sfidò gli intoccabili”, dei giornalisti Eleonora Iannelli e Fabio De Pasquale, con prefazione di Pietro Grasso. Un lavoro corale, che riserva uno spazio di tutto rispetto al racconto dei figli Giovanni, Caterina ed Elvira e che tratteggia la figura di Chinnici magistrato, padre, marito e amico. Questa volta non è il tritolo a deflagrare, ma la voce di una dei figli, Caterina, ex assessore regionale alla Famiglia, alle Politiche sociali e alle Autonomie locali, in precedenza Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Palermo.

«Non si può accettare una morte come questa e neanche quello che viene dopo» ha infatti dichiarato il magistrato Caterina Chinnici, presente insieme al fratello Giovanni, ai lavori di presentazione del libro che si sono svolti a Caltanissetta, moderati dal giornalista Rai Davide Camarrone.

«Ma Rocco Chinnici credeva nella sua azione di magistrato e questo esempio ci ha consentito di andare avanti e di farci portatori del suo stesso impegno» ha concluso Caterina, strappando un lungo applauso ai numerosi intervenuti. Durante l’iniziativa molte le parole rivolte ai giovani, alle persone, per ribadire con forza la necessità di contrastare la mafia facendo rete, sul piano culturale. «C’è bisogno di cittadini responsabili. Il rimedio alla mafia è la mobilitazione delle coscienze». È questa la lezione più grande che Rocco Chinnici ha lasciato.

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