violenza e vergogna, chi la fa e chi la prova
La nostra compagna quotidiana è la violenza, a volte mi costringo a non protestare, non scrivere, ma a volte mi capita di pensare di essere ripiombata, come per un nefasto incantesimo, tra i momenti peggiori di decenni lontani. Di sentire annullati, in un attimo, i percorsi, le conquiste che credevo -credevamo – ormai compiute, i cambiamenti realizzati, le idee affermate, e i diritti acquisiti.
Questo ho provato leggendo, nello stesso giorno, due storie di violenza agita su ragazzine: in contesti, momenti e modi diversi, ma che lasciano trasparire, al di là dei crimini compiuti dagli aggressori, l’insensibilità, la sostanziale indifferenza degli altri. A Roma, i giudici della Corte d’Appello hanno revocato il divieto di dimora ad un pedofilo che per anni aveva abusato di una piccola vicina di casa; così Francesca, oggi tredicenne, ha visto tornare nel condominio in cui abita, al piano di sopra, il suo torturatore: ripiombando nell’angoscia, nell’incubo da cui stava cercando di uscire. E’ stato deciso che non esistono più ragioni legali per tenere lontano il violentatore dalla sua vittima: ma alla sofferenza di questa, al danno psichico subìto, alla difficoltà di ricostruire il suo equilibrio emotivo, ora nuovamente compromesso, non si è data alcuna importanza. Solo un ricorso in Cassazione potrà, forse, cambiare le cose.
A Licata, una ragazzina di Milano, anche lei tredicenne, in vacanza dai nonni, è stata violentata da due ragazzi del paese, che vengono subito denunciati: dopo un mese, gli aggressori sono ancora in libertà; non solo: mentre la madre della ragazza, che cerca solo di avere giustizia, piuttosto che ricevere solidarietà viene guardata con sospetto dalla comunità cui indirizza i suoi appelli, sua figlia riceve via Facebook anonime minacce di morte; e i cittadini, sindaco in testa, sembrano più preoccupati di salvaguardare il “buon nome” del paese che di guardare in faccia la realtà e denunciare e combattere la violenza che anche tra loro si manifesta.
A volte mi capita di pensare che il nostro paese si divida tra coloro che provano vergogna – collettivamente, come cittadini – anche per gli altri, “al posto” degli altri, di fronte all’ingiustizia, alla discriminazione, alla violenza, e coloro che pensano che la vergogna riguardi solo (ancora!) le vittime, e non ne vengono minimamente sfiorati. Una divisione che resta profonda, nonostante tanti cambiamenti, e che, forse, racchiude tutte le altre.
finché ciascuno di noi, quasi sempre di genere maschile, continuerà a valutare tutto ciò che accade dal proprio punto di vista, finché ciascuno continuerà a restare chiuso nel proprio microcosmo fatto di puro egoismo, superficialità, orgoglio, pregiudizio e ignoranza (nel senso di non conoscenza) non dando la giusta attenzione alle altrui esigenze e agli altrui reali stati d’animo, la risoluzione dei problemi resterà difficile da trovare e, in molti casi, sarà quella sbagliata….
Allargare gli orizzonti comporta impegno personale e serio desiderio di vivere in un mondo più giusto per tutti.
Penso alle due ragazzine e alla vita in salita che dovranno affrontare. Auguro loro di essere coraggiose e determinate, di affrontare da ora in poi solo opportunità positive e di non violenza
Proprio ieri stavo cercando notizie su un libro di recente uscita il cui titolo mi sembrava interessante, andando poi a ricercare notizie sull’autore, impegnato tra l’altro in diverse battaglie civili, ecco che trovo un’immagine in cui tiene alto un cartello su cui spicca la solita silhouette femminile accompagnata dalla scritta: questo è l’unico “buco” che vogliamo sulle nostre terre. Che amarezza e che delusione!!! Come posso credere che uomini di “cultura” possano ricorrere ad immagini così volgarmente allusive? Non sarà mai possibile sradicare la violenza se l’immaginario maschile resta fissato ad una visione così riduttiva e primitiva della donna. Sono offesa e provo vergogna…per lui.
Silvia, dillo il nome di questo autore di battaglie civili, magari si vergogna di quel cartellone e fa ammenda…
Cara Rosanna, ti dico invece il titolo del libro: Geografia commossa dell’Italia interna. All’autore ci arrivi facilmente e potrai anche verificare di persona la foto in questione pubblicata sul web. Che dire? Ero animata dalle migliori intenzioni, con la speranza di leggere un bel libro che ha già ricevuto numerose recensioni positive…ma ora mi ha raggelato e non riesco proprio a passarci sopra
Secondo me ognuno deve provare vergogna solo per le proprie azioni e rifiutarsi di provare vergogna per ciò che compiono gli altri. Rischiamo di farci carico di responsabilità che non abbiamo, sollevando invece il responsabile dalla propria.
Così aumenta la distanza tra chi ha responsabilità e chi no, quindi si restituisce all’altro la completa responsabilità.