Gino Bartali che vinse il giro della piètas
Rimangono due ferite aperte nel cuore di Roma, entrambe tornate in questi giorni di stretta attualità. Il 16 ottobre si è celebrato il settantesimo anniversario del rastrellamento di oltre mille ebrei, più di 200 erano bambini, nel ghetto del Portico d’Ottavia. Ad un attento osservatore che passeggi oggi per le vie della città, anche in altri quartieri, non sfuggono le così dette “pietre d’inciampo”. Sono delle piccole targhe di ottone delle dimensioni di un sampietrino, collocate davanti ai portoni delle case in cui abitavano le vittime delle deportazioni, per farne memoria e ricordarne il nome, la data di nascita e quella di morte con relativa indicazione del campo di sterminio. Si ha così l’esatta percezione di quanto la presenza della comunità ebraica fosse da tempo radicata nel tessuto urbano e sociale della città e quanto fu allora terribile lo strappo, da essere tuttora avvertito come una fitta dolorosa nella memoria. L’altra ferita è rappresentata dall’eccidio delle Fosse Ardeatine del 24 marzo 1944, in cui vennero giustiziati 335 civili e militari italiani, in segno di rappresaglia.
Dopo l’ufficiale Herbert Kappler, già tristemente noto, pochi giorni fa è morto anche Erich Priebke, suo stretto collaboratore e corresponsabile. Non voglio spendere altre parole su di lui, oltre alla condanna già espressa dalla Storia, desidero invece fare oggi memoria di un eroe positivo, un campione sportivo e recentemente riconosciuto “Giusto tra le Nazioni” dallo Yad Vashem, il memoriale ufficiale delle vittime dell’olocausto, fondato nel 1953. Gino Bartali è stato una gloria del ciclismo italiano, partecipò poi e vinse diversi Giri d’Italia e Tour de France a cavallo della II guerra mondiale, tra il 1936 ed il 1948. Durante l’occupazione nazista contribuì a salvare dalla deportazione almeno 800 ebrei. Partecipava infatti ad una rete di salvataggio ebraico-cristiana che a Firenze faceva capo rispettivamente al rabbino Nathan Cassuto e all’arcivescovo della città, il cardinale Elia Angelo Dalla Costa. Bartali, con il pretesto degli allenamenti, tra il settembre del 1943 ed il giugno dell’anno successivo, fece da corriere per l’organizzazione, nascondendo nelle ruote della bicicletta carte e documenti falsi. E’ di esempi come il suo che dobbiamo essere orgogliosi e con i quali è bene confrontarsi, in questi tempi di egoismi diffusi.
Questa è un articolo che mi è piaciuto molto, perché si raccontano le atrocità naziste ma cosa giusta anche di un “giusto tra le nazioni” mi fa piacere che sia stato Bartali un ciclista per cui tifava mio padre ma come si ricordano la vergogna delle leggi razziali e l’indifferenza degli italiani, si dovrebbero ricordare sempre tutte quelle persone che aiutarono gli ebrei, tutta gente che non era nata per fare l’eroe, ma seppe poi farlo a scapito della vita
ringrazio l’autrice di questo interessante articolo per averci raccontato che esistono persone speciali, con una grande sensibilità, capaci di rischiare a favore degli altri, in grado di fare il proprio lavoro, dare il loro contributo andando anche oltre, non pensando al proprio tornaconto, ignorando rischi e pericoli per la propria vita: persone straordinariamente generose, come Gino Bartali di contro esistono esseri tristemente noti che non riusciamo a collocare nella memoria
Sempre al lato dolente dell’Italia e al suo lato ridicolo si dovrebbe abbinare il suo lato migliore, ringraziamo chi scrive.