la famiglia che non c’è

1 ottobre 2013 di: Rossella Caleca

Diversi anni fa, leggendo un articolo sulla famiglia che cambia, m’imbattei nella recensione di un saggio pubblicato negli Stati Uniti, The way we never were; quel testo (che non ho mai letto, forse non è stato tradotto in italiano) mostrava come l’immagine della famiglia americana “tradizionale” veicolata dai massmedia, modellata sui “mitici” anni 50, fosse falsa e fuorviante, sia in riferimento a quel decennio che ad ogni altro del ‘900 e dei secoli precedenti.

“Come non siamo mai stati”: sebbene, anche in Italia, moltissimi studi siano stati pubblicati sulla famiglia, sui suoi reali cambiamenti e sui falsi miti che la circondano, sebbene la stessa realtà quotidiana mostri la coesistenza e la continua evoluzione di modelli diversi di famiglie, alcuni vogliono continuare ad ignorarlo. Ho pensato a questo leggendo delle affermazioni di Guido Barilla e delle polemiche che ne sono seguite. Cos’era la famiglia “tradizionale” quando, agli inizi del secolo scorso, la durata media dei matrimoni era di dodici anni, per la morte di un coniuge ma anche per abbandoni e separazioni, e numerosissimi erano i figli nati fuori dal matrimonio e le convivenze più varie, nucleari, allargate, stratificate con gruppi di fratelli nati da diverse unioni? O si pensa alla famiglia “borghese” ed alle sue ipocrisie (mi viene in mente L’innocente di D’Annunzio)?

La pubblicità ci racconta come non siamo, e come non siamo mai stati: ipoteticamente, e ipocritamente, come (forse) vorremmo essere, in una sorta di luogo comune della felicità. Luogo che in realtà è diverso per ciascuno. Perciò anche quanto della vita e dei legami affettivi viene rappresentato, può – deve – esserlo in maniera diversa, plurale: perfino nelle strategie di marketing.

1 commento su questo articolo:

  1. silvia scrive:

    Ho un marito, due figli che ancora studiano ed una madre di 90 anni, con tutti i problemi relativi alla sua età. Cito il nostro esempio non per creare malintesi e fare dei distinguo, ma per dire solo quanto la famiglia “tradizionale” – se esiste ancora o se mai è esistita – faccia sempre più fatica ad andare avanti… unita, nonostante tutto. Certo Guido Barilla potrebbe proporre anche il vecchietto con l’Alzaimer che inzuppa i biscotti nel latte, magari aiutato dalla badante. E’ anche questa una realtà e, forse, una nuova forma di famiglia. Penso però anche a tutte quelle famiglie che nel fare la spesa non si possono più permettere prodotti di marca (con relativa pubblicità) e consumano “anonimi” prodotti acquistati nei discount che non meriteranno mai la ribalta della scena e non godranno del favore della cronaca che, vuoi o non vuoi, fa parlare di sè con un probabile ritorno economico. Comunque Ikea, se avete notato, ha già da tempo intrapreso l’auspicato “lifting” pubblicitario di cui si discute.

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