lotta impari contro i Muos

5 ottobre 2013 di: Marcella Geraci

Un appuntamento fiacco, quello del 28 settembre a Palermo, in Piazza Politeama. Un appuntamento destinato però ad ingrossarsi, man mano che il corteo contro il Muos sfilava per le vie del centro. Quasi duemila persone hanno infatti manifestato fino a Piazza Indipendenza, andando incontro agli attivisti che, giorni prima, avevano occupato la Sala d’Ercole, a Palazzo dei Normanni, fingendosi turisti.

Volti, corpi, volontà di esserci, anche in pochi, non importa. Persone, siciliani, che continuano a decidere di non sgomberare il campo, incuranti dei commenti di chi si appella ad un “buon senso” assolutamente inutile, a dispetto di ogni fuorviante apparenza. «Anch’io sono contrario al Mobile User Objective System (Muos), il sistema di telecomunicazione satellitare della marina militare Usa, ma siamo troppo pochi! Non si può andare contro le decisioni dei governi e delle grandi potenze e il Muos, alla fine, lo faranno!» Quante volte abbiamo sentito queste frasi, considerati poveri ingenui o pazzi che credono di avere la forza per opporsi a decisioni più grandi di loro? Troppe. Eppure gli attivisti continuano a lottare per l’idea giusta di un mondo sano e senza guerre, e continueranno la loro battaglia anche dopo il corteo palermitano, che si è concluso con lo sgombero di Sala d’Ercole.

Al corteo erano presenti le Mamme No Muos, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e diversi esponenti del mondo sindacale e politico siciliano. Il corteo si è svolto pacificamente, animato dai manifestanti che hanno sfilato a suon di musica, con il viso truccato ed avvolti dalle bandiere No Muos, arrivando in pullman da diverse province.

1 commento su questo articolo:

  1. daria scrive:

    La Sicilia, definita dal Ministro Mauro “la più grande portaerei sul mediterraneo”, dovrebbe essere un ponte di cultura sul Mediterraneo e invece è diventata Terra di morte, da dove partono strumenti che uccidono. Purtroppo, Il Movimento NO MUOS sta resistendo da mesi all’installazione di questi strumenti nell’indifferenza complice di un Italia capace soltanto di commuoversi a comando.

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