dare un nome al futuro, di Renzi
«Basta con le larghe intese e con gli inciuci», tuonava Matteo Renzi dalla Leopolda il 27 ottobre, fiducioso della memoria corta degli italiani che probabilmente non ricordano i suoi attacchi quotidiani a Bersani, che per un mese intero ha cercato inutilmente di formare un governo escludendo il Pdl. «Si sta perdendo tempo» ruggiva allora il nostro leoncino esautorato dai vecchi burocrati del Pd, che non gli avevano consentito di far votare chiunque alle primarie per la leadership del suo partito. «la Sinistra che non cambia idea è la Destra» continua, cercando il plauso degli appassionati di novità a tutti i costi, e contribuendo alla confusione mentale di chi cerca orientamenti politici sicuri.
Si sa che la coerenza politica in un paese di trasformisti come l’Italia è Utopia, e già negli anni 80 Giorgio Gaber ironizzava musicalmente sull’appartenenza politica della mortadella e del prosciutto, ma da un politico che si candida a diventare il segretario del suo partito, un cittadino qualunque se l’aspetterebbe, magari prima delle elezioni. Dopo, si sa, le emergenze governative richiedono compromessi e dietro-front di vario genere, a cui siamo da tempo abituati, ma partire proprio da una ambigua identità politica non lascia ben sperare. Tanto più che il nostro eroe della rottamazione promette-minaccia da subito riforme costituzionali e la riforma della giustizia. Sbaglio o ciò era nei piani dell’ex cavaliere? Sarà questo il motivo del suo eterno enigmatico sorriso?
Certo come Presidente del Consiglio Renzi rappresenterebbe una bella continuità e sarebbe anche a prova di intercettazione: qualsiasi agente Nsa farebbe meglio a consultare un indovino per capire le sue intenzioni concrete in materia di azioni di governo, ma se diventasse capo del Pd temo che le molte anime di quel partito andrebbero in cerca di cieli più rosei, a meno che con un colpo magico Renzi non riesca a farseli tutti alleati. Forse si sta già allenando.