fuga di cervelli dove li apprezzano

15 novembre 2013 di: Stefania Di Filippo

In un programma Rai che promuove l’aiuto alle fondazioni di ricerca, la conduttrice Loretta Goggi ha posto la questione: «Aiutateci a non avere più cervelli in fuga, perché le ricerche che provengono dall’estero sono tutte figlie di menti italiane». Niente di più vero, la maggior parte dei ricercatori è italiana, la maggior parte dei giovani, per poter avere un riconoscimento ed essere apprezzati, devono abbandonare il proprio paese, il nostro paese. Un paese che non li aiuta e che non si cura minimamente delle nuove generazioni, un paese in cui chi studia Lettere e Filosofia è un prossimo “morto di fame” che non avrà nulla dalla vita, che prima di entrare in una graduatoria per la scuola deve sperare, molto poco umanamente, che tutta la gente prima di lui/lei tiri le cuoia, quando paesi come la Germania offrono lavori di ricerca retribuiti a studenti poco più che 23enni, della magistrale Scienze dell’Antichità che si trovano in Erasmus nel loro paese, perché conoscono il greco e possono tradurre i testi antichi e poco importa se non conoscono perfettamente il tedesco.

Quindi, non è che i “cervelli in fuga” esistono perché un ragazzo d’un tratto decida che sia bello lasciare la propria famiglia, i propri affetti, la propria città, che farsi una vita fuori non faccia sentire la malinconia, magari lo fa perché da noi la chiamano crisi ma è guerra. E’ una guerra che si combatte in borsa, a furia di azioni e derivati, è una guerra che si combatte in giacca e cravatta ma produce ugualmente morti, con l’unica differenza che non se ne sporcano materialmente le mani.

Ci sono padri di famiglia che non riescono a dare da mangiare ai propri figli e per la vergogna si tolgono la vita, c’è una situazione che sta distruggendo la dignità della persona umana e sembra che nessuno se ne accorga. Non ci sono bombe da cui proteggersi, ma ci sono figli che vedono i genitori angustiati, ci sono genitori che guardano i figli e si chiedono come poterli crescerli e dargli quello che serve per il sostentamento minimo. Ci sono figli che decidono di partire, un giorno, di prendere la valigia metterci dentro tutto quel poco che hanno ed andarsene, perché qui non vengono apprezzati, perché qui si debbono “vergognare” se non sono medici o avvocati. Forse dovremmo cominciare a cambiare la nostra forma mentis, forse dovremmo chiederci non perché esistono i cervelli in fuga, ma perché non rimangono e perché all’estero ne hanno così tanto bisogno, ne fanno così tanto uso mentre qui si può solo sperare di conoscere la gente giusta e di aver seguito le carriere universitarie più “gettonate”, sì, perché la nostra mentalità non ci permette di vedere al di là del nostro naso ma restiamo sconvolti se vediamo che altri paesi sanno far fruttare le genialità italiane.

3 commenti su questo articolo:

  1. Daria D'Angelo scrive:

    E’ vero, Stefania, lasciare andare via tanti ragazzi in gamba è un vero peccato.
    E’ una generazione che andrebbe aiutata, l’unica che conserva ancora i propri ideali a dispetto di tante ingiustizie, l’unica in grado di contrapporre meriti e intelligenza a nepotismi e raccomandazioni…..e noi la facciamo andare via così!

  2. piera scrive:

    Non è cara Stefania soltanto perchè non si conosce la gente giusta o perchè in paesi come America, Canadà, Francia danno cifre, per noi astronomiche, per il mercato internazionale giuste, ma per chi è spinto dall’amore per la ricerca è inutile restate qui perchè tranne uno o due laboratori mancano perfino i microscopi ultima generazioni, alcuni giovani vengono perfino pagati senza per questo poter lavorare perchè manca nei laboratori la luce! Ho conosciuto vari scienziati italiani fuggiti e ben riusciti che appartengono ad un ceto medio alto e che non sono spinti dalla voglia di guadagnare ma,soltanto di lavorare, ricercare e trovare!

  3. Ornella Papitto scrive:

    Stefania, è una questione solo politica, di scelte, di priorità.
    A Parma, qualche anno fa, ho letto su un un lenzuolo bianco, appeso al balcone del Teatro Regio, la seguente frase geniale che condensa tutta politica italiana dei nostri tempi: “IMPOVERIRE LA CULTURA, ARRICCHISCE L’IGNORANZA”.

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