sulla crisi a catinelle ridiamo con Checco Zalone
Grande successo del film Sole a catinelle. Luca Medici, in arte Checco Zalone con meno candore cinico degli altri suoi due film, prova a “farci ridere della crisi”. Non è un compito facile, ma ci riesce, a giudicare dagli incassi. È vero che la produzione di Mediaset e tutto lo staff non hanno lesinato in pubblicità, ma il nichilismo fiabesco dell’attore attrae tanto che il film è rientrato del suo budget di 8 milioni di euro già il primo sabato di proiezione nelle sale cinematografiche. Checco Zalone è geniale nell’utilizzare attraverso espressioni, rime e battute, il “politicamente scorretto”, nel tirare fuori il lato irrisolto dei pregiudizi trasformandolo in un concentrato di ignoranza e grettezza, senza timore reverenziale verso moralismi, snobismi, ideologie e religioni. Ma non voglio scrivere un articolo sul film, che non ha niente di particolarmente evidenziabile, quello che mi incuriosisce è il suo enorme successo, mi colpisce questa voglia di ridere dell’italiano medio. L’incasso del film rappresenta la necessità di non pensare, la voglia di esorcizzare, a ritmo di battute, questo insopportabile frastuono mediatico della crisi. Ogni telegiornale, ogni trasmissione, dappertutto “crisi”. E allora, un po’ di pietà per questo assordante martellamento, per l’insopportabile suono delle parole “crisi economica”.
Per un’ora e mezza non pensiamo alle ingiustizie, alla mala sanità, alla corruzione, alla violenza e al malcostume di questo paese che ogni giorno di più ci mostra bruttezze. Ora si è aggiunta la nuova dilagante piaga della prostituzione, e il caso tremendo delle ragazze minorenni di Roma, complice qualche madre. Certo, non sarà la berlusconiana propensione a definirsi ottimista anche nella crisi più nera di Sole a Catinelle, ad entrare nel cuore degli italiani, ma apprezzeranno battute come la presa in giro del cinema d’autore, o l’ironia sul quel mondo vegano-chic che, tra yoga e mutismi selettivi, viene smontato con innocente semplicità. La goffa rivalsa del protagonista sull’alta società, che mette in mostra le ipocrisie di questo paese, ha la capacità di scoperchiare i vizi di un certo ambiente e a metterne in ridicolo le più evidenti incongruenze. Il lieto fine rovina tutto, ma è in linea con l’intento del film. Ci risparmia una morale più evidente: l’unica distinzione fra le classi sociali resta solo la ricchezza, ed è per questo motivo che tutti ormai puntano solo a quella. Questo ci avrebbe fatto riflettere o rammaricare, ma in un mondo che perde per strada i suoi valori, vogliamo spendere per non pensare, non solo stare senza pensare.