anno pesante che va, e poi?

20 dicembre 2013 di: Fortunata Pace

Un anno pesante quello che sta per andar via, non soltanto in sede nazionale ma in ogni parte del pianeta. La speranza è che l’altro che arriva ci dia forza e respiro. E soprattutto ci faccia l’atteso miracolo non di una politica nuova, ma di una vera politica. Quella che abbiamo da anni in Italia, che ancor più di recente ha mostrato il suo volto indegno e disfatto che nessuna abituale maschera può esorcizzare, non è politica, non è governo della cosa pubblica, ma una grande, infida sceneggiata che ospita ladri e profittatori. Dov’è e dove va quest’Italia? dove non ha più senso la parola eguaglianza e democrazia, dove infinito è il gioco delle parti tra varie, sbiadite coalizioni prive di qualsiasi riconoscibile ideologia, è lì che prosegue senza ritegno?

E che bisogno c’è che le strade siano occupate da gente indignata o da chi di essa vuole servirsi perché ha perso, o perché vuole il potere che ha reso povero tre quarti del nostro paese e ricco quel quarto che si compone proprio di politici, di burocrati, di finanzieri, di affiliati e affiliabili che riconosciamo solo quando la tanta vituperata magistratura riesce a sorprenderli e inquisirli? Non ci sarebbe bisogno, infatti. Dipende da noi cercare il mezzo per spazzarli via e salvare i pochi meritevoli, dipende da noi oscurare quel video che consente a Bossi, Formigoni o altri compagni di merendine che hanno dato scandalo, di blaterale su problemi di indubbia importanza come se avessero diritto di ostentare sapute dialettiche o comunque suggerirci qualcosa. Ma così non è. Cambia qualche attore della sceneggiata, ma il copione si ripete. E c’è qualcuno che in cuor suo applaude o magari gli va di farlo o gli conviene farlo pubblicamente.

Ma sappiamo che ci sono altri, tanti altri che si ritirano stanchi nelle loro case saccheggiate da Tares ed Imu, che continuano a fare, fin che non glielo tolgono, il loro lavoro, che nessun’arma si ritrovano per protestare se non il “non voto”, l’astensionismo.

Questi ci preoccupano, perché fra questi si trovano anche i migliori. E finiremo col perderli, confusi tra i forconi, tra gli emarginati o tra chi riesce a lasciare per mete più confortanti il suo paese, con un danno sempre maggiore per il nostro futuro. Ma che abbiamo detto, del futuro? Che speravamo in un 2014 più sereno e generoso? E facciamolo, se la speranza non è tassata!

1 commento su questo articolo:

  1. Ornella Papitto scrive:

    Fortunata… secondo me hai toccato il tasto che non suona tra il quarto delle persone ricche del pianeta: la generosità, totalmente soffocata da un egoismo terrificante.
    Non ho mai coltivato illusioni e anche per questo motivo non nutro speranze per l’anno prossimo o anche per oggi o domani…
    Ma questo non vuol dire che ho smesso di lottare… ogni giorno, ogni ora, per domani.
    Non è la speranza la parola chiave, ma la parola ‘dovere’. Abbiamo tutti il dovere di essere realisti… per poter affermare pienamente i diritti degli ultimi.

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