a che serve la politica, chi sa dirlo?
Ballarò di martedì 14 gennaio. Solito Crozza puntuale e divertente, soliti politici al ring divertenti certamente no e interessanti pochissimo, qualche attenzione ai sondaggi di Paglioncelli e il doveroso stacco filmati. Uno era interamente dedicato ai dodicenni e numerosissimi fans di Violetta. Intervistati rispondevano pronti ed entusiasti sulla loro beniamina e su quel che volevano fare da grandi. Soprattutto ad esser come lei o quasi: applausi, trionfo, richieste di autografo etc. Qualche domanda più complicata arrivava sul lavoro che non c’è e con animo pietoso e partecipe un bambino dichiarò che se avesse potuto avrebbe messo a disposizione di quelli che non avevano lavoro, una grande casa comune dove farli stare più sereni e in buona compagnia. Poi per una fanciullina con scriminatura e capelli annodati arrivò una domanda fulminante: «secondo te a che serve la politica?» Attimo di pausa e «la politica serve a…». Altro attimo di pausa e riprendendo fiato «la politica serve a…». Attimo di silenzio e la bambina sgranando due begli occhi neri e foschi in faccia all’intervistatrice: «Senti, ma tu lo sai vero che mi hai fatto una domanda difficile!».
Fine del servizio ma non del nostro sbigottimento. E come si risponde, oggi come oggi, ad una domanda come questa? Il verbo servire implica il concetto di servizio, dunque di una azione o di un complesso di azioni da svolgere a favore di cose o di persone. E se volessimo fare dell’ironia diremmo che la politica serve a tantissimi che la fanno e si rendono un servizio da anni, a tempo pieno, senza mai risentire di crisi economiche, di mancanza di lavoro, di problemi e contingenze quotidiane di alcun tipo. Potremmo aggiungere che la politica serve ai media, per riempirsi di una serie di programmi assai simili tra loro dalle otto del mattino alla mezzanotte. Potremmo dire che serve, ma con una serie di conseguenze non proprio comode, a molti magistrati, costretti a far luce su reati che spesso, agli occhi di una parte della società, non sembrano neppure tali e così via avremmo cosine da aggiungere. Ma «a che serve l’ironia?» ci ritorna addosso come un boomerang e copre quanto di buono in piccoli centri, in paesi a noi quasi sconosciuti riesce a fare un sindaco donna – era ospite di Servizio Pubblico il giovedì successivo – che ha un compenso di millecinquecento euro al mese e soltanto quattrocento ognuno dei consiglieri. Magari mai inquisiti.
Aiutiamo la bambina, chiediamo a Paglioncelli o ai suoi colleghi di fare un sondaggio sulla politica di servizio che funziona in Italia. Magari tra qualche anno la bambina risponderà senza irritarsi per la domanda e chissà, potremmo rispondere seriamente anche noi.