il Maestro Abbado e il violino di Cocò
Mi piace immaginare che laggiù dove è volato, il Maestro Claudio Abbado sia andato a cercare Cocò, il carmuceddu di appena tre anni assassinato dalla ‘ndrangheta come un ‘nfame, e lo abbia condotto dolcemente per mano tra i ragazzi dell’orchestra giovanile già formata per lui, gli abbia consegnato un flautino o magari un minuscolo violino con l’archetto pronto a vibrare note piccine, gli abbia sorriso come sa fare lui e con gesto soave delle mani abbia sprigionato dall’orchestra le note della dimenticanza, la musica che sa cancellare i ricordi di mondi repellenti abitati da belve a due zampe come il nostro.
Il Maestro Abbado ha vissuto per la musica e per la diffusione della cultura musicale tra i giovani, si è battuto per l’insegnamento nelle scuole e ha formato migliaia di giovani musicisti anche strappando alla strada e alla malavita, seguendo il metodo Abreu, ragazzi abbandonati e deviati, ha professato un ecologismo operoso e non ha avuto remore a bacchettare i politici incapaci di recepire il valore della cultura, tutta la cultura, nel nostro disastrato Paese.
Chissà che ora che se ne è andato, lasciando vacante il seggio di senatore a vita spudoratamente contestato dai quaquaraqua leghisti, ora in sua memoria qualche governante colpito da tardiva folgorazione si dia da fare per l’affermazione della cultura musicale nella scuola e nella società, magari promuovendo sin dall’asilo l’insegnamento della musica in questa scuola riformata che ignora perfino la Storia dell’Arte, e tagliando i tagli ai contributi statali e regionali – la sprecona Regione Sicilia in testa – erogati con vergognosa parsimonia alle associazioni e formazioni musicali che ci conducono per mano, come ha sempre fatto il Maestro, nel mondo della dimenticanza delle brutture in cui ci costringe la brutta politica che ci sgoverna.