di Meredith e della Amanda

2 febbraio 2014 di: Silvana Fernandez

Ed ecco anch’io sono qua, a far parte del coro che continuerà ad imperversare con l’ossessivo racconto mediatico del delitto Meredith Kercher che gira per il mondo. Vorrei lanciare un grido, un basta senza fine. Sì certo Amanda Knox ha scritto un libro, come avevo immaginato e già scritto su questo sito, dalla storia faranno anche un film e la dottoressa Bruzzone con la sua voce che sembra passare attraverso un tubo, prima di raggiungere il nostro orecchio, accanto al plastico pulito e rinnovato della casa di Meredith continua a spiegare poche cose che ha detto cento o mille volte, forse perché non sa cos’altro dire o forse per farcele imparare a memoria. Da ragazzina amavo i libri gialli, mi piacevano i delitti che spingevano all’indagine ma per fortuna non c’era il generale Garofalo, forse neanche il luminal, le macchie di sangue si scoprivano nel modo più semplice guardando e toccando, ed in quanto al Dna il delitto di Yara ci insegna come, a volte, serva solo a creare dubbi sulla fedeltà familiare e come si possano spendere milioni di euro senza trovare non solo l’assassino, ma neanche un testimone.

Cos’altro dire? Siamo talmente invasi da questo argomento la sera, ma anche di giorno, dalla Perego che affronta ogni discorso senza né gioia, né dolore, dall’Urso che invece mima meraviglia, terrore o tragedia ogni piè sospinto tanto che finiamo con il perdere interesse anche per un delitto come quello di Meredith, delitto che probabilmente avrebbe potuto, invece di eccitare in noi solo curiosità, farci riflettere su uno spaccato di vita studentesca, sulla corruzione sessuale, sui fiumi di droga che, inizialmente, si era sicuri scorressero in ogni città universitaria. Ed invece l’unica cosa che è sicura è un’assoluta incertezza: ma come si può condannare in primo grado la Knox e Sollecito ad una pena che non lascia dubbi sulla colpevolezza, e poi in seconda istanza assolverli, costringendo tutti a farsi domande su Rudy Gaede: condannato per concorso in omicidio per questo delitto, con chi “concorreva”? Comunque, anche questa richiesta ha avuto la sua risposta perché, annullata la precedente sentenza, Amanda e Sollecito sono stati condannati alla pena più severa di 28 e 25 anni, che spesso vengono dati a chi ha compiuto una strage. Resta solo un interrogativo: come si può passare così velocemente, con gli stessi elementi di giudizio, da un sentenza all’altra? Tanto affanno, tanta concentrazione su un omicidio che da più anni entra nelle nostre case, parlando di moventi, delitti e pene, ci ha condotto verso l’ennesima delusione perché in Italia non solo manca la certezza della pena, ma pure la certezza del giudizio.

2 commenti su questo articolo:

  1. Angelo Carta scrive:

    Spesso in questo blog di donne trovo sintesi e giudizi decisi, sono all’unisono con voi ormai, in mano a giudici ed avvocati, la verità è volata via.

  2. silvia scrive:

    Ancora mi chiedo come possiamo continuare a sopportare tante e tante ore di palinsesto televisivo piene di niente, o vuote di qualsiasi vero contenuto. Tanto per parlare di qualcosa va bene di tutto: dalla tragedia della nave Concordia agli sbarchi di Lampedusa fino alle… “bombe d’acqua” di questi giorni, sì perchè ormai anche qualche giorno di pioggia più insistente del solito in questo infelice Paese diventa un’emergenza nazionale…e qualora si sia a corto di argomenti, cosa di meglio che un bel delitto? Se non ce ne sono di nuovi su cui lucrare e speculare teniamoci stretti quelli già noti e magari una nuova, sensazionale sentenza!!! Ero molto giovane, ma ricordo ancora con disgusto ed amarezza la prima, lunga diretta tv sul caso del bambino caduto nel pozzo a Vermicino (ricordate? si chiamava Alfredino Rampi): tra molteplici tentativi andati a vuoto per salvargli la vita, tanti cronisti mandavano in onda la sua lenta agonia per soddisfare la curiosità sadica o la malsana emotività di tanti spettatori… gli spot pubblicitari ringraziano ed è forse semplicemente questo il fine di tutto.

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