la lingua morta dei libretti d’opera

5 marzo 2014 di: Rita Annaloro

«Volete sapere se la baldracca anche quest’anno muore di tisi?» recitava Corrado Guzzanti in una gustosa parodia del ministro Tremonti in Recital del 2010, criticando i pesanti tagli alla cultura decisi dal governo Berlusconi, alle prese con la crisi economica.

«Non c’è bisogno di andare a teatro, c’è un numero verde!» Sicuramente i tagli dei sussidi agli Enti Lirici, che si sono susseguiti nel tempo, partivano da una logica diversa, volta probabilmente a premiare l’imprenditorialità del settore culturale, considerato poco produttivo, ”con la cultura non si mangia”, e mentre si sperperavano soldi in opere pubbliche di scarsa utilità sociale, poco si faceva per investire in quel settore, dalle biblioteche ai teatri. Per attirare pubblico pagante, molto si è fatto negli ultimi anni un po’ dappertutto e l’idea di ammodernare l’ambientazione dei classici, da Eschilo a Shakespeare, è stata certamente un successo per molte produzioni teatrali sia in Italia che all’estero.

Anche l’opera ha seguito questa strada, per esempio alla Scala di Milano dove anche quest’anno la Baldracca è morta di tisi, con una messa in scena coraggiosa del regista russo Tcherniakov che ha messo Alfredo e Violetta in cucina, fra applausi e fischi del pubblico. Meglio era andata al Nabucco di Daniele Abbado nel febbraio 2013, che aveva attualizzato la tragedia del popolo ebraico con una sapiente scelta coreografica. Bellissima rappresentazione, la cui registrazione è stata riproposta in molte sale cinematografiche, dove per fortuna i sottotitoli aiutavano il pubblico a seguire i complessi dialoghi. Certo la maggioranza degli spettatori non ne avrà avuto bisogno, essendo in maggior parte costituito da anziani fan; ma sarà anche difficile che la soglia dell’età si abbassi se qualcuno non si deciderà a semplificare quei testi: certo è bello riconoscere le arie più famose, da “Và pensiero” a “Amami Alfredo”, ma possibile non si possano sostituire parole come “veglio” con un più comprensibile “vecchio”, o “Ben io t’invenni, o fatal scritto” con “Ben ti trovai, o fatal scritto” o qualcosa del genere? Chi è passato alla storia, Giuseppe Verdi o Temistocle Solera? Non si potrebbe chiedere a un paroliere come Mogol o a un poeta come Stefano Benni di dare una rinfrescatina a certi libretti? Forse i puristi insorgerebbero, ma sai che musica ai botteghini!

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